10 marzo 2014

9 marzo - 42^ Quattro passi tra i sentieri delle bionde

A Saltrio non ci si arriva per caso. Ci vuole un buon motivo per spingersi fin quassù, ai confini dell'impero. Ed un buon motivo può essere la locale tapasciata "Quattro passi tra i sentieri delle bionde", che come recita la rivista CORRERE è tra le più longeve del panorama tapascione.


Una IVV per tutti i gusti: pianura e montagna a piacimento (sospetto che le sciure del Gurone siano una lobby potente nel comitato provinciale FIASP!). Il primo bivio è proprio fuori dalla porta ed il Tapabada prende a destra, che se siamo venuti fin quassù non è certo per correre in piano. 




Metto giù il gettone e subito a faticare, prima su strada asfaltata e poi per sentiero più sconnesso. 4-5 km di salita mattutina per arrivare in cima (quasi) al monte Pravello. Al rifugio gli alpini offrono un ristoro non superiore alla media. Allora vale la pena non fermarsi troppo e salire ancora un km per sbucare sul confine a godere di panorami più ampi.




Il giro tanto piace al Tapabada, che tornato alla partenza rimette giù il gettone e lo rifa. Per non sprecare la mattinata e festeggiare a modo la primavera che avanza. E bom!

13 gennaio 2014

Il paradiso è qui!


In valle senza MAF, ma con il MAFFE. Su e giù a far dislivello, trainando slitte ringhianti e frignanti e pit stop in malghe per intergrare liquidi e solidi (no-kaiserschamarren-no, knodl bitte!). 

Il Garmin dimenticato in fondo alla valigia un’intera settimana, sostituito da Nordic in cerca di ghiaccio da grippare. Allora si esce in passeggiata (30 minutes no more) che fa quasi buio. In jeans e giaccavento casual tanto per far vedere alla guida indiana il mio paradiso estivo. Su oltre la chiesa non si resiste alla tentazione di continuare con il verticale. Si prende il salitone che sbuca sulla strada per il Wurzjoch. Neve quanto basta per faticare più di quest’estate. Il tempo di una foto alle Odle e via oltre il Putzerhof in neve fresca verso la forestale che sale alla Russis Kreuz.


C’era una volta un ponte che non arriva più. La guida della guida sembra essersi perduta, anzi sicuramente perduta. La traccia nella neve termina nel buio del bosco che ci circonda. Avanti sempre avanti, che il ponte non deve essere lontano. La camminata si fa corsa, prima lenta poi più affannata, in cerca dei riferimenti estivi. La giaccavento in vita sopra jeans ormai bagnati. La frontale, appena accesa, rischiara l’indistinto davanti a noi. Tutto adesso è famigliare ed il ritorno è sul sentiero estivo, ostruito da qualche abete caduto per la troppa neve. Ancora uno strappo e poi le luci del paese laggiù in fondo.

Sette-otto chilometri? Poco importa. Nessun beep a distrarre l’orecchio dai suoni del bosco. Solo il tintinnio dei rampocini tenuti in mano che il tempo è tiranno. L’asfalto finale fa prendere velocità. “Che spavento! Mi sembravano cavalli”, “Stia tranquilla, signora, siamo solo uomini-cavallo!”.
Il paradiso è qui!


20 dicembre 2013

A year in review ovvero dell'ispirazione


Dunque, ricapitoliamo. Ho corso (con il pettorale o senza, in buona o cattiva compagnia) dieci volte dieci: 3 tapasciate, 3 cross, 3 trail e una gambadoro. Nessuna maratona. Sei mesi vissuti pericolosamente. Dal 1° giugno stop. In ordine sono arrivate una neuropatia genetica, una protrusione discale, una bronchite non curata. Corse prese di petto e finite per dire che le finivo. Un relitto che dodici mesi prima correva le maratone.
Meno di duemilachilometri in un anno, mediamente 12 allenamenti al mese, che fanno 13 km per ogni uscita. Era dal 2009 che non facevo così poco (e così schifo).
Il bimbo che leggeva Salgari si domandava come facessero quei velieri a restare a galla, nonostante le cannonate ricevute: cordami, trinchetti, vele, tutto giù. Poi trovava la spiegazione: l’albero maestro! Finché quello resiste, in porto ci si torna.

Come il galeone del CorsaroNero oggi il Tapa non ha perduto il suo albero maestro, che si chiama ispirazione. E a quella mi aggrappo. E’ la molla che mi fa abbandonare il caldo piumone ed uscire nel buio e nel freddo della mattina. E’ soprattutto la molla che mi fa tornare a casa con la voglia di riprovarci domani. Non corse particolari da preparare, personal best da limare. Solo l’ispirazione che sento quando il silenzio mi circonda e sono ancora - per un po’ - padrone delle mie gambe.
E non finisce qui. Seguo il MAF, perché l’anno prossimo ho voglia di fare, di vedere nuovi posti, di esplorare sentieri nuovi. Poi magari la mattina della gara mi sveglierò e starò a letto, pur di non indossare il pettorale, pur di non soffrire così tanto.
Ma per me correre resta l’unico modo di tornare alle origini, a quel bambino che leggeva Salgari. Spogliarsi di tutto e viaggiare leggeri, nel corpo e nell’anima. Coprire la distanza tra A e B nel minor tempo possibile è un abito mentale a cui non posso sottrarmi. Almeno per ora. Finché ci sarà un luogo da scoprire, finché terremo botta, finché ci sarà l’ispirazione.
Merry Christmas!

9 dicembre 2013

Uomini di buona volontà

Con la tenacia che contraddistingue gli uomini di buona volontà il Tapabada, insieme alla sua guida indiana, abbandona per qualche ora l'infinita pianura ed il MAF (Maximum Aerobic Function) per dedicarsi a ciò che gli riesce meno peggio. Così alle 8 imbocchiamo la salita del Sacro Monte destinazione Forte di Orino, 800 metri sopra la nostra testa. Si intenda: per gli appuntamenti del 2014 occorre ben altro impegno. Oggi lo sforzo maggiore è stato quello di evitare che le chiappe finissero a contatto del duro ghiaccio nei tratti in ombra. Ma da qualche parte occorre ripartire e questo mi sembrava il posto giusto: al sole, a giusta distanza dal grigiore della quotidianità, impegnata nel rush time del consumismo natalizio. 20km e 800 m di dsl che hanno fatto bene al fisico e allo spirito ... trail (ah sì, a quello hanno fatto proprio bene!)

Grigiore quotidiano


11 novembre 2013

10 novembre - 39^ Camminata di San Martino (Cimbro)


Ovvero di quella volta che al ristoro si è rischiato di trovare la zampetta di gallina nel brodo (smoking chicken).

A Cimbro per la 39^ camminata di San Martino manca solo l’estate (quella di San Martino of course). Per il resto il trail è in mezzo a noi: fango, ambiente ruspante, salite in natura. Del trail la Fiasp ci ha il brevetto, depositato minimo vent’anni fa, e noi a fatica ce ne accorgiamo.
Lascio Tapasciopoli nel giorno del suo giubileo podistico, per provare a tornare a correre, per scrollare tutta la ruggine di dosso. Accendo la radio e l’auto viaggia, compagna fedele, verso la provincia, come una volta. A Cimbro ci arrivo nonostante le mille deviazioni imposte dal gps ignorante, giusto in tempo per fare la coda al tavolo iscrizioni. Cielo e meteo avrebbero potuto consigliare più tranquille passeggiate sotto casa, invece il numero di tapascioni presenti appare subito di buona consistenza, come dimostrano i primi km fatti quasi al passo. Poco male. Oggi le sciure, in maggior parte da classificare camminatrici del Gurone, per l’occasione attrezzate d’ombrello, dissertano sulla pasta alla carbonara (forse memori dello spot pubblicitario che va per la maggiore in questi tempi). Guanciale si, guanciale no, la tapasciata si mostra subito per come me l’aspettavo: muscolare. Un po’ per il fango e un po’ per il terreno collinare che circonda la frazione di Vergiate. Lo strappo posto sul percorso lungo, dopo la deviazione della dieci km, dà la misura di quanto ancora occorra al Tapabada per tornare a correre in maniera accettabile. Con quanto a mia disposizione, senza tristi pensieri, riesco però ad esplorare tutti i 17 km del percorso lungo e mettercene qualche altro. Giusto per dare consistenza agli ultimi giorni trascorsi in braghette corte e scarpe da running.
In mezzo a tanti trail e minitrail che spuntano come funghi a prezzi non sempre modici, qui a Cimbro si organizza una tapasciata con gli ingredienti necessari per correre in natura a prezzo contenuto. E a proposito di ingredienti è da provare il brodo al ristoro del decimo km. La gallina, mi assicurano, è stata ammazzata il giorno prima e la riffa che viene organizzata sul momento al ristoro premia chi ne trova la zampetta ancora fumante nel brodo.

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