11 novembre 2019

10 novembre - Marcia sull'alpe e il San Genesio


Il personalissimo taccuino fa risalire ai primi mesi del 2018 l’ultima apparizione del tenutario di questo blog ad una tapasciata. Troppo tempo trascorso, troppo tempo lontano da queste "manifestazioni ludico-motorie a passo libero", che già c’erano ai tempi in cui non esistevano i trail. E la Marcia sull’Alpe e sul S. Genesio a Castello di Brianza di anni ne ha parecchi, essendo arrivata alla ventesima edizione. Una tapasciata, il cui successo è testimoniato dalle tante auto in cerca di parcheggio già alle 7 del mattino e dai molti podisti in coda per ritirare il cartellino giornaliero. Le ragioni di questo successo risiedono nei paesaggi che offre questo angolo della Brianza, che si affaccia sulle montagne del lecchese, Grigne e Resegone, nei tanti ristori sul percorso e nella sapiente alternanza fango-asfalto proposta dagli organizzatori.

Scegliere il percorso dei 30 km (poi risultati fortunamente 28) è stato un atto di fede nelle capacità di resistenza del sottoscritto. Resistenza che non è venuta meno neanche nei lunghi drittoni asfaltati di avvicinamento alla cima del S. Genesio. Alla fine ne è venuta fuori una bella mattinata, densa di salite corribili e di discese altrettanto abbordabili, tutto con vista sulle Prealpi lecchesi. Insomma, una giornata per cui valeva la pena abbandonare il tepore del letto prematuramente, intraprendere un viaggio verso dove porta il cuore del tapascione e gustarsi un più che decente impegno fisico al modico prezzo di 4 euro.



23 ottobre 2019

19 ottobre - UTLO 60K - DNF


E una volta entrato nel locale caldo dell’ultimo ristoro di Grassona mi guardo intorno. Gente che si cambia gli indumenti di gara, corpi bagnati e avvolti nel telo termico in fila su di una panca, bambini che corrono divertiti in mezzo alla confusione. E’ in quel momento che sorge la famosa domanda “Che ci faccio io qui?” Non fosse entrato in quel momento il simpatico driver del furgone “ritiro atleti usurati” è probabile che mi sarei risvegliato dal torpore mentale e avrei percorso gli ultimi dieci km fatti di pioggia e fango per assicurarmi l’ambita medaglia da finisher. Ma ... ma le cose non sempre vanno nel verso giusto.


La UTLO era la corsa adatta per terminare una stagione non molto fortunata. E nonostante il meteo infame c’erano le condizioni per fare bene (leggasi distribuzione di dislivelli e distanze in allenamento nella giusta misura). Tutto era filato liscio nei primi 50km. Di questa UTLO60K, come sempre, la prima parte è la più tosta, con salite importanti (2000 metri di dislivello nei primi 22 km di viaggio). Fino a Quarna per via crucis in senso letterale e metaforico, il Monte Mazzoccone, la cui salita non lascia respiro, poi il Monte Croce per pendio più lungo, ma meno impegnativo, ed infine il Novesso da prendere di petto, dritto per dritto. Parto con calma, affronto le salite con il solito passo da cercatore di funghi, complice anche la lunga fila di trailers che fa da tappo in alcuni tratti. Corro nei tratti piani e cerco di non cadere nelle discese fatte di fango. Ma soprattutto mi alimento con cura, bevendo e mangiando pastina a tutti i mitici ristori (Camasca, Sacchi e Arola). Giunto ad Arola, ristoro di metà percorso, mi cambio la maglia bagnata e indosso una giacca impermeabile più resistente per affrontare la pioggia del tardo pomeriggio. Boleto, la Madonna del Sasso e poi il lungolago di Pella vengono superati con ancora la giusta dose di energie fisiche e mentali. E’ sulle rampe che portano a Grassona, sotto una pioggia che si fa sempre più insistente, che inizio a perdere la determinazione necessaria per affrontare le prime ombre della sera. Prima dell’ultimo ristoro raggiungo altri compagni di viaggio. Con loro si fa a chi sta in equilibrio più a lungo su un sentiero che è diventato un piccolo ruscello. Occhiali appannati e frontale che non riesce a fendere con decisione il buio, così come la pioggia che scende lungo la schiena, rendono concreta la domanda ad inizio di questo post.

E’ un attimo essere seduto sul caldo furgone, tremante nel mio telo termico, scendere i tornanti verso il lago d’Orta, mentre sfilano sul lungo lago i trailers che si avvicinano alla finish line. Da queste 10 ore trascorse a surfare sul fango mi porto a casa qualche insegnamento pratico (un cambio di indumenti in più, il telo termico da usare sotto il goretex in caso di freddo percepito) e la certezza di avere acquisito l’esperienza necessaria per gestire situazioni al limite, almeno per il tenutario di questo blog. Al di là della personale avventura la UTLO è un trail cresciuto negli anni sia per qualità organizzativa che per quantità di presenze. Da correre assolutamente.

8 ottobre 2019

6 ottobre - Calvario Trail 18K


L’autunno sembra non essere ancora arrivato, se non fosse per la nebbia che ci viene incontro mentre risaliamo la strada che porta a Domodossola. Ad attenderci è il Calvario Trail, gara a coppie, non troppo affollata, se non dai locals, come sempre agguerriti. Domodossola è città tutta da scoprire, almeno nella sua antica piazza del mercato, come da scoprire sono questi 18km che si dipanano prima lungo il Sacro Monte del Calvario e poi un su e giù muscolare, fino a toccare La Quana, circa 700 metri di altitudine, cima Coppi del trail.


Percorso molto nervoso direbbero i commentatori di giornata. Sicuramente non c’è stato d’annoiarsi tra strappi corti, ma feroci, e discese quasi tutte corribili. L’obiettivo di giornata per il tenutario di codesto blog era quello di non farsi trainare dal compagno d’avventura. Risultato raggiunto, almeno nei tratti di discesa. Prestazione ben diversa rispetto a quella di una settimana fa, con sorpasso della quarta coppia femminile nell’ultimo km.


Appunti a margine della gara: location facilmente raggiungibile, spogliatoi di scuola media un po’ d’antan e contrappasso della doccia caldissima di Aymavilles di sabato scorso – qui l’acqua era veramente gelata. Ultimo annotazione in merito alla birra. Una Bavaria nel pacco gara stride con i molti microbirrifici presenti nella zona ed al ristoro finale poteva essere offerta gratuitamente, invece che al prezzo seppure popolare di 3 eurini.

1 ottobre 2019

28 settembre - Grivola Trail (25k)


Si torna in Val d’Aosta dopo oltre un anno, precisamente a Aymavilles, che scopro essere patria di grandi alpinisti e note case vitivinicole. All’imbocco della strada per Cogne la Grivola ci guarda dall’alto e dà il nome a questo trail, giunto alla sua seconda edizione.

La gara corta (25 km) ha permesso al tenutario di questo blog di riassaporare la fatica muscolare dopo un periodo di pianura; fatica peraltro di cui non se ne sentiva la mancanza. La prima parte del percorso presenta una prima salita, lunga a sufficienza per smarrire le poche energie rimaste dopo una settimana di generale malessere. La seconda salita, se fosse possibile, è sembrata ancora più tosta (ma a quel punto le poche speranze di cavarsela in fretta e fare un salto a mondo convenienza nel primo pomeriggio erano già sparite). Come spesso accade in queste situazione occorre fare di necessità virtù e portare a casa ciò che viene. E quindi panorami stupendi (dal Bianco al Rosa), un pacco gara sufficientemente importante e un premio a tutti i finishers (per il sottoscritto consistente in un marsupio da corsa della Grivel). Gara da rifare nella versione long (35km) che offre, così mi dicevano i locals durante l’abbondante pasta party, panorami ancora più mozzafiato.



11 settembre 2019

7 settembre - Dolomiti di Brenta Trail (45K)


Pioggia battente, pioggia intermittente, piovaschi ... pioggia intermittente, pioggia battente, ecc. ecc.

Attendo in auto che spiova, mentre nuvole nere disegnano forme strane sulla superficie del lago, illuminato dalle prime luci dell’alba. Inutile. Continua a piovere. Allora mi metto in coda per il controllo del materiale obbligatorio. Oggi nessuna deroga. Ieri in quota ha nevicato e anche questo pomeriggio è prevista neve. Goretex si, goretex no. Poi si parte, che già sono le 7. Un lenzuolo nero teso dai barbuti di URMA ricorda a tutti i 600 trailers che l’unica nostra fede è la fatica e oggi siamo qui per professarla. Il primo stop, quando inizia il sentiero che porta ad Andalo, mi dà il tempo di togliere il goretex e scambiare quattro parole con uno della Valbossa, pure lui scappato dalla riserva made in Varese. I primi km sono salita corribile. Ci si scalda al solo pensiero che finalmente la pioggia ci dà una tregua. Ad Andalo poca gente infreddolita e la piazza della mia gioventù assolutamente vuota. Si sale in fila indiana, oltre l’ultimo maso, per il sentiero che taglia la forestale. Bel tracciato davvero. Strano a dirsi, ma il bosco che ci avvolge sembra anni luce lontano dalla folle urbanizzazione che ha interessato il paese ai suoi piedi. Uno shottino di the al primo ristoro e poi ci immergiamo in un single track tutto sali e scendi. Intorno arbusti bassi e conifere nascondono solo parzialmente le pareti di dolomia che si iniziano a intravedere sopra di noi. L’ambientazione è tutto molto Yosemite.

La rampa oltre Malga Spora ci porta allo scoperto quando la pioggia torna a farsi fitta. Al passo della Gaiarda si aggiunge il vento e nella successiva salita al Grostè pestiamo la prima neve di stagione. Nuvole basse avvolgono le pareti che ci sovrastano. Siamo ormai sul versante di Madonna di Campiglio. Piste da sci, funivia e allora giù in picchiata si arriva al rifugio Graffer.

Il tratto successivo è una manciata di massi lanciata da un dio che non ama i trailers. Si sta in equilibrio per grazia ricevuta sulle pietre scivolose. Ma infine arriva anche il rifugio Tuckett, con le tipiche persiane bianche e azzurre dei rifugi trentini. Il freddo si fa sentire, e allora il brodo del Tuckett, scodellato in bicchieri marcati Forst, non ha prezzo (è una delle ragioni per cui sono tornato su questi sentieri). Gambe a posto testa ancora sul pezzo, peccato le nuvole basse che mi precedono verso il punto più alto della gara, Bocca di Brenta (2552). E’ un susseguirsi di rampe brevi e cattive fino al Rifugio Brentei, per anni la casa della grande guida alpina Bruno de Tassis che qui ha scritto pagine di storia alpina. Ai meno esperti il rifugista indica il tempo per arrivare in cima alla Bocca. Si tiene largo perché siamo tapascioni che passano a valanghe di minuti dai primi. Un’ora è il tempo che impiegavo da ragazzino e che voglio impiegarci anche oggi. La chiesetta dei nostri sogni è l’ultimo avamposto prima della bufera che risale con me il vallone del Brenta. L’acqua ghiacciata tempesta il goretex ormai umido. Si intravede il ghiaione finale tutto imbiancato. Quando ci arrivo l’acqua si è fatta neve. Dalle pareti sovrastanti scendono vere cascate. Il tratto più verticale ricompatta il gruppo. Uno dietro l’altro, senza soluzione di continuità: piantare i bastoncini, fissare il piede di chi ti precede, sostituire il tuo nell’orma lasciata, non guardare in alto. Freddo bastardo, acqua dappertutto, guanti asciutti nello zaino. Siamo in cima, duecento metri e il rifugio Pedrotti accoglie tutti. Ci metto un po’ per riprendermi e soprattutto per indossare qualcosa di asciutto. Quando esco la tempesta sembra passata. 32 dei 45 km se ne sono andati e ora è discesa, da aggredire per riscaldarsi e per non perdere il filo di una camminata veloce che finalmente diventa corsa lenta. 

Gli ultimi km sono ben diversi da quell’altra volta. Lo sforzo maggiore è superare quel tipo dal cappello a falde che continuava a chiedermi di farlo passare. Poi è la passeggiata sul lungo lago, lo striscione e la spasmodica ricerca dell’unica ricompensa per la nostra fede nella fatica, la birra.



A futura memoria: la lunga da 64k, annullata quest’anno per le condizioni atmosferiche, offre un percorso più completo senza per questo “menare troppo il can per l’aia”, come spesso avviene nei trail in cui si privilegia il kilometraggio alla logica. Porta i concorrenti a transitare in angoli delle dolomiti di Brenta davvero poco frequentati. La gara corta, tuttavia, segue un percorso altrettanto logico e appagante che rende i suoi 45k (alla fine ne ho contati oltre 47) un viaggio alla scoperta di questa meravigliosa zona dolomitica. Il DBT è un trail in vera semi-autosufficienza. Volontari posti nei punti più critici, ristori sufficientemente distanti, ma non troppo (d’altronde i rifugi sono lì da tempo, impossibile spostarli!). Ristori top (si è capito che vado pazzo per il brodo del rif. Tuckett?), non manca nulla, in quantità sufficiente per 600 trailers che come al solito arrivano ai ristori pensando di essere al buffet di antipasti di un matrimonio. Nessuna pecca? All’arrivo deve essere più visibile la spillatrice della birra. Suvvia! Siamo trailers assetati e offuscati dalla fatica.

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