La massima espressione di autostima del Tapabada è quella di
ritenersi ancora un podista. E quale migliore occasione di dimostrarlo
partecipando ad un cross, intendo ad una campestre, come le chiamava il prof di
educazione fisica alle scuole medie inferiori S.Giuseppe qualche ventennio fa.
Due sono le ragioni che mi spingono da sempre ad approcciare
il Cross di Vaprio d’Agogna con buona predisposizione di animo: il fatto che la
corsa si svolga nei giorni dell’estate di S. Martino (con escursioni termiche
annesse) e il pane con gorgonzola locale del ristoro a fine corsa. Che poi qui
possa trovare la mia claque personale è di secondaria importanza, vista la
performance podistica che posso offrire loro.
Nel mio personalissimo taccuino risulta che dal 2012 non
calco i terreni agricoli che hanno dato i natali ai miei avi e dal 2013 non mi
cimento su una gara con dislivello altimetrico inferiore ai 50 metri. Ne è
testimonianza la fatica profusa fin dal primo km, dove ad essere buoni solo le “solite”
signore che si incontrano alle tapasciate locali mi restano dietro. Nel secondo
km cerco di capire se la velocità di crociera impostata sia sufficiente a
sfilare davanti ai miei tifosi appostati più in là con la sufficiente
padronanza dei muscoli facciali per abbozzare un sorriso. Al cartello del terzo
km mi convinco che in fondo sono quasi a metà gara e nessuno mi ha ancora
superato. Al quarto chilometro ho nel mirino il gonnellino da trail di una
bionda dell’Avis Marathon di Verbania. Decido per il momento di non procedere
ad ulteriori progressioni al fine di studiare la situazione. Così arrivo al
quinto, il cui cartello traguardo di impeto dopo la volata sparata in
faccia allo zio che applaude divertito “il nipote cinquantenne che si ostina a
correre in braghette corte”. Dopo il sesto km mancano due curve al gonfiabile
finale. Mi venisse un infarto se non vado a prendere quel pirla che, mentre
leggevo il giornale in auto nell’attesa della partenza, mi sfrecciava davanti a
fare ripetute con la bandana della crazy, manco fossimo ad una skyalp.
Missione compiuta e frustrazioni quotidiane sopite in questo pomeriggio di tacco
12 e gorgonzola.
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