Solamente quando, già in pigiama, alzano la testa annoiate dal divano e ti dicono “Ah sei arrivato?” comprendi che
il viaggio è terminato; anzi no, che è appena iniziato.
Ultra
Trail del Lago d’Orta, Omegna, VB. 58 km, anche se alla fine erano 60 (comunque
ce n’era per tutti: 34, 82 e 120 KM). Quando arrivi a Omegna, sai già che nelle
prossime ore il mondo ti apparirà molto inclinato. Così è stato anche oggi.
Soprattutto nella prima parte di questa UTLO 58. Si parte e si sale subito per
una Via Crucis che va su dritto per dritto a Quarna. Sul ciottolato rallentamenti,
soste e riprese di un’umanità variegata (ma quanti eravamo?). Allegra e
godereccia all'inizio, poi via via più silenziosa sino al pellegrinaggio finale.
Si scollina a Quarna di Sopra, poi c’è quella di Sotto e si attacca il monte
Mazzoccone. Solita crisi da prima salita. Mi fermo a rifiatare sul sentiero
monopersona, perché da dietro il gruppone ansima e mi distrae. La seconda
salita, quella al monte Croce, risulta più lunga, ma meno tosta. Approccio l’inclinazione
con maggiore calma e minori battiti. Molto meglio. Primi 20 km e il dislivello segna
già 2000. Dal monte Novesso al traguardo (e abbiamo appena traguardato il 24esimo)
ci sarebbe da menare le gambe, se uno ci fosse portato. Il tenutario del
presente blog fa comunque l’impresa (personale) di correre quando c’è discesa e
di non farsi sopraffare dalla fatica sul piano.
Prima
di Arola (si accettano scommesse sull’accento) faccio la conoscenza con il
simpatico scozzese trapiantato a New York. Non ha mai corso una ultra, ha fatto
solo una maratona in allenamento, ansima, ma non si dispera. L’obiettivo è di
rientrare alla base in meno di 11ore30minuti (si sa che ognuno si pone obiettivi tutti
suoi). Usciamo insieme dalla base vita e lasciamo insieme pure l’ultimo ristoro
di Grassona. Nella ventina di km che stanno in mezzo ai due paesi di lui avevo
perso le tracce. Ero più propenso a seguire quelle di una biondina mica male,
che mi ha reso quasi piacevole il tratto Pella – Grassona, dove mi sono
esibito, con successo, in un mantra silenzioso “cerca di correre, cerca di
correre”. Gli ultimi dodici km li faccio alla luce della frontale, immerso
nella mia solitudine (e in quella dell’amico scozzese che ansima, ma non si
dispera), attento a non perdere la via dettata da quelle minuscole lucciole
catarifrangenti. Ancora un po’ di salita, tanto piano e un’ultima discesa per
arrivare sul lungolago, dove mi esibisco in sorpassi politicamente non corretti
per un vero trailer. Per la cronaca ho lasciato dietro anche lo scozzese, unicamente per
una questione di secondi e di età.
A
livello prestativo non si discute il miglioramento rispetto alle ultime uscite.
Farsi un’idea del proprio ritmo e coltivare una certa sensibilità nel
perseguirlo, anche in allenamento, può portare a risultati insperati. Per quanto
riguarda la gara si può dire solo bene di un trail dove, nonostante i ristori
alquanto distanziati, ti coccolano con polenta, uva, minestrina calda e uova
sode (?). E gran bene si deve dire, soprattutto, dei tanti volontari che sono
state la costante su tutto il percorso. Vogliamo trovare una pecca: al
traguardo occorreva pagare per una birra. L’avessi saputo mi sarei portato
appresso la Menabrea presente nel pacco gara.
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