“Tra circa un km, alla fine del bosco, lo trova sulla destra,
ben segnalato”.
“Ma è un ristoro o un ristop?”
Come si suol dire: imperdibile.
Quando la partenza è a poche centinaia di metri dalla casa
natale non si può dire null'altro di un trail.
E poi c'è il contorno che supera il main course. Ritenevo che il percorso dell'anno scorso fosse il
meglio possibile, ma quello dell'edizione 2018 si è superato, svelandomi luoghi
e salite, in una scoperta del territorio che ha alleviato la durezza del tracciato.
Una salita corribile, la temutissima Ponale, e poco dopo un'ascesa, a tratti
quasi verticale, per arrivare al rifugio Pernici hanno esaurito la già scarse
energie di questo vecchio cronista. Il discesone senza fine verso Tenno, corso
con il timore di restare fuori dal cancello orario dopo appena due settimane
dalla scioccante esperienza, non ha certo consentito di ricaricare le batterie.
Ma, lasciata alle spalle la croce di Bondiga ed il temutissimo cancello orario,
la seconda metà di gara mi è sembrata unica per la bellezza dei dintorni e la
salita, tosta assai, al Monte Biaina, ripagata da un panorama mozzafiato sulla
Busa e l'alto Garda.
Da lì all'arrivo erano dieci km di discesa
(sfortunatamente si può dire?), in cui le gambe erano pronte alla sfida, ma la
testa mancava all'appello. Così è stato un lento (non che prima fossi stato un
fulmine) trascinarsi tra sentieri resi insidiosi dalla pioggia della notte e
alcuni chilometri di inutile girovagare intorno alla zona dell'arrivo. Le
undici ore e qualcosa di più trascorse sulle gambe, come sempre, sono valse la
pena. Hanno rappresentato un valido allenamento in vista di avventure più
probanti e, soprattutto, sono state affollate di persone, panorami, momenti di
meraviglia, di disperazione e di dialogo interiore, che mancano nella cronaca,
ma non nell'esperienza del cronista.
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