A
questa IVV trovi sempre più podisti di quanti te ne aspetti. Podisti anche di un
certo spessore. E’ da un po’ che non frequento il genere. Ma oltre alle tante
magliette della digeiten che girano con gli occhi umidi di vacca alla ricerca
di una linea di partenza che qui non c’è ed in bocca la domanda “ma quando si parte?” (oh
ma partenza libera dalle 8.30 alle 9.30 vorrà pure dire qualcosa o no?) si vede
anche qualche Monza-Resegone “mi lu fada…” e maratona della valle intrasca.
Insomma gente che certifica la tapasciata in oggetto. E se sono 16 edizioni una ragione ci sarà.
L’ultima volta del Tapabada da queste parti è stato nel lontano 2004, ancora
ero nella versione 1.0 e mi davo aria da podista. Preparavo la prima mezza (Riva
of course). E se ci penso mi viene da ridere, ma non so bene per
quale motivo. Beh da allora tempo ne è passato ed anche il percorso è stato
modificato. Non si sale più al piccolo Stelvio. Di certo troppo impegnativo per
le sciure del Gurone che già devono metterci l’anima a camminare e a dissertare
sul menù domenicale che prepareranno di lì a poco. Così la tapasciata si trasforma in 5 km lungo il fiume (che
qui assomiglia ancora ad un fiume). Poi una salita su asfalto che preannuncia l’entrata
nel bosco. Nel percorso più lungo, scelto del Tapabada sull’onda dell’entusiasmo
per il come back, si vaga per sterrato misto bitume quasi fino alla vista del
lago (di Varese). Tutto ciò senza però che il dislivello faccia presagire di circuitare su
e giù da una valle (quella dell’Olona appunto) come sarebbe giusto che fosse.
Il Tapabada giustifica la ventina di km fatti in auto nel dì di festa con altrettanti
fatti profondendo l’adeguato impegno fisico. Prestando più attenzione alla
circostante archeologia industriale (e non) che al garmin e alle spie del cruscotto.
Come giusto che sia di questi tempi.