16 maggio 2017

6 maggio - Garda Trentino Trail

Trail a km zero, un’occasione da non perdere. Così l’Opel della Silvana e del Renzo mi scodellano a 100 metri dalla partenza, giusto in tempo per essere battezzato dal primo (dei tanti) temporali di giornata. Neanche un km di corsa e il tempo migliora. Non per molto, ma è sufficiente per godersi il panorama della “Busa” giù fino a Riva. La prima salita è lunga, sale costante. Il sentiero nel sottobosco umido si fa al ritmo delle chiacchiere dei tanti veneti on board quest’oggi. La croce di Bondiga marca il primo ristoro e poi un ultimo strappo bello tosto fino al sentiero che spiana prima del Rifugio S. Pietro. Magnificenza del posto, sentieri ricoperti da aghi di pino, il sereno prima della tempesta. E allora giù, ma con giudizio che oggi di strada ne abbiamo da fare. Si costeggia il primo dei tre laghi di oggi, quello di Tenno, il più suggestivo anche in una giornata così bigia (scatterò l’unica foto in gara). 


Si continua a scendere fino all’omonimo paese da dove parte la gara Marathon. I primi della corta mi passano sulle prime asperità della seconda salita, che di metri all’insù ne conta 1300. Fermarsi, far passare, incitare, riprendere, eh che c##o! Belli loro che non hanno i primi 17 km nelle gambe.
La strada nella seconda parte di questa salita mi è famigliare, ma non per questo meno dura. Gli strappi si susseguono. Prima crisi, ma sull’erta finale prendo il mio passo e non lo mollo. Mi dà coraggio raccogliere i primi cadaveri. Arrivo al Rifugio Pernici che il Suunto ne segna 25. La pioggia inizia a scendere costante. Molla, non molla? Indosso la Magic Jacket o tengo la ventina? Decido per l’assetto rain. E così fu che Giove Pluvio mi fece compagnia per le restanti sei ore sei. Mi cambio, mangio, e soprattutto mi scaldo con un tè. Il freddo inizia a farse sentire e sarà la costante di tutto il mio pomeriggio on the road


Riparto con piglio deciso. So che mi aspettano un po’ di km su un traverso non troppo impegnativo prima di planare sul lago di Ledro. Incontro tratti innevati. Si susseguono a pozze di fango che non provo neanche a evitare. Da Bocca Dromae (GPM con i suoi 1787 mt) si scende verso Molina di Ledro. Due-tre cadute controllate non hanno conseguenze. Si capisce: sono distratto dal contesto. Questi luoghi, mai visti, sono doping per il morale. Strade forestali si intervallano a sentieri da fare “a punciot”. Al ristoro di Molina cerco brodo e pasta, ma mi offrono birra. Il cartello parla chiaro: RITIRATI QUI, ma anche no grazie!

E allora alepapà! Alcuni km di su e giù dove correre per me significa andare in rosso. Poi quando la pioggia è ormai battente si riparte per l’ultimo millino all’insù. Mi passano via in tanti, mi sento le gambe rigide e un crampo fa capolino alla coscia sinistra. Vado al mio passo, non mi demoralizzo. Freddo, pioggia sugli occhiali, nausea (?) - mettiamo anche quella che fa epopea, ma la testa … la testa c’è. Guardo in alto per vedere il cielo, ma scorgo in the mist solo la costa del monte, che va su, all’infinito. Mi affido allora alla tecnologia: 700/800/900, sale l’altitudine del mio suunto e pure il morale. Poi finalmente 1000! Il sentiero si allarga, si costeggiano malghe ancora chiuse, stupendi abeti secolari, radure dove immagino pascolare infinite creature dei boschi. Le sento che respirano nascoste intorno a me. La magia del luogo mi assale, la pelle d’oca non è per il gelo che ormai mi è entrato nelle ossa. Vorrei vivere il momento da solo e non dividerlo con le altre retrovie di questa corsa. Rifletto: faccio questa fatica immane per vivere questi attimi, davvero attimi, che sono dell’anima prima che del corpo.

Ora dovrebbe restare solo la discesa finale: 10km e via da questa pioggia gelida. Non è proprio così. C’è ancora tanto da arrancare sulla forestale tutta pianeggiante che sovrasta Limone del Garda. Ancora una volta dover correre vuol dire per me morire. Mi fermo per riprendere fiato, mi cambio l’ennesima maglietta sotto il montura zuppo, dentro e fuori. Poi il passo Gull e l’arrivo a Malga Palaer (l'accento mettetecelo voi). Sono trascorse oltre 10 ore dalla partenza, il cielo resta scuro e la sera si avvicina. Ma gli alpini (grazie, mille volte grazie) hanno acceso il fuoco, rischiara la foresta ed è faro nella mia tempesta. Finalmente trovo il brodo. E che brodo, buonissimo! Ringrazio tutti, vorrei stringere loro le mani, uno a uno, capisco che non è facile far sera qui, sempre con il sorriso. Ora è veramente tutta discesa. 10 km to be finisher recita l’ennesimo foglio al vento. Ma rispetto a 30 km fa sembra una promessa da mantenere più che una presa per i fondelli.

E via. Scorre Punta Larici, irriconoscibile rispetto alle cento volte in cui sono stato qui, tanto è il vento e l’acqua gelida che sferza il viso e costringe i volontari a restarsene sulla jeep, Poi la bella terrazza di Pregasina (accento sulla prima a please) per concludere la planata sulla vecchia Ponale. Riva è alla vista. Le sue case, i suoi luoghi così famigliari a chi ci ha trascorso gli anni più belli si fanno sempre più riconoscibili. Adesso è un piacere immergersi fino alla caviglia nelle pozze che costellano gli ultimi km di fatica. Chi supero sente solo un pazzo che grida al vento alepapà! ed il trillo del cellulare che la Silvana già è preoccupata. L’arrivo, dopo undicioretrentaquattrominuti, sessantachilometri, tremilasettecentometri di salita è quasi al buio, e per me pure solitario y ramingo, come capita spesso ai tapascioni. Zero spettatori in piazza, ma un gonfiabile che segna la fine non si nega a nessuno. Alzo gli occhi, la torre Apponale vigila sul porticciolo scosso dalle onde di questo lago in burrasca e guarda anche me. Mi sembra di sentirla: alepapà!



Commento alla gara
Gioco in casa, ma stento a credere che chi abbia fatto questo Garda Trentino Trail non lo classifichi tra le gare più belle a cui abbia partecipato. Per i luoghi in cui si svolge (solo il passaggio dal lago di Tenno e la planata sul lago di Ledro valgono il prezzo dell’iscrizione). Per l’organizzazione, impeccabile sia nel pre che nel post gara, che ha saputo coinvolgere tutto il territorio e gestire le emergenze di una giornata meteo no. Mettiamoci anche il buon pacco gara che non stona mai per i più attenti a queste robe. So che gli organizzatori prevedono l’alternanza del senso di percorrenza ad ogni edizione. Ecco, la direzione del percorso 2017 mi sembra il più idoneo ad essere accolto favorevolmente da un maggior numero di trailers. La vecchia Ponale (e gli ulteriori 4 km) fatta alla partenza fiaccherebbe gli animi di molti e priverebbe della vista su Riva a chi, affaticato, desidera solo scorgere l’arrivo in lontananza. I 60km alternano tratti corribili (per chi può of course), con strappi maligni e salite più costanti. Spero che la moda di allungare le distanze non prenda anche il GTT. L’anello ideale per godere appieno delle meraviglie di questo paradiso è quello proposto. Il resto è mancia.

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