23 luglio 2014

20 luglio - Dolomites Skyrace



Mi sono presentato alla partenza temendo di non arrivare in fondo. Ho perso e ritrovato una lente degli occhiali, ho superato la Forcella Pordoi 5 minuti prima del cancello orario. In discesa sono caduto e mi sono rialzato. Ho faticato dal primo all’ultimo metro e ho tagliato il traguardo pochi minuti prima del tempo limite. Essere finisher di questa gara mi riempie di orgoglio. Questo è quanto. Ciò che segue sono chiacchiere da bar.


Mi guardo intorno, ma non mi sembra di scorgere molti fratelli tapascioni. Oltre 700 alla partenza divisi in batterie, pronti a salire verso il Sass Pordoi che da qui, dalla piazza di Canazei, mi sembra lontanissimo. Non ci sono mani alzate a salutare l’elicottero in volo sopra di noi, né speaker a caricare i concorrenti, o musiche teutoniche a nascondere il sordo rumore di chi è votato alla fatica. La conta alla rovescia è il preludio all’apertura della prima gabbia, quella dei top runner, i corridori del cielo. Poi a seguire sarà la volta di chi viene dietro, buttato nella mischia come un gallo da combattimento. La prima curva, e subito si sale. Meno di un chilometro e lasciamo la strada forestale per le piste da sci. Falsipiani ondulati si alternano a ripide salite su un sentiero tracciato nel prato. Sono già in apnea. Al primo ristoro volante il bastoncino sbatte contro gli occhiali e una lente mi cade. Non capisco, non vedo, la cerco nell’erba in mezzo alla miriade di scarpe che procedono. Una ragazza la trova e il mio grazie si perde nella preoccupazione di non potere continuare la gara. Ma la lente è intatta e la mia guida indiana si premura di rimetterla nella sede appropriata. Il Passo Pordoi è subito lì e ci arrivo in un’ora secca. La guida mi incita a non perdere tempo.


La Forcella Pordoi ci attende con il suo cancello orario di 1h50’, l’unico dell’intera gara, quello per tenere lontano dalla leggenda delle skyrace gli scocciatori, i tapascioni come il sottoscritto. Da qui sotto la Forcella non si vede. Si immagina solo, 600 metri più in alto, in cima al ghiaione, dove è diretto il lungo serpentone di formichine che incombe sulla mia testa. Nella prima parte si va su dritto per dritto, a sbuffare sui bastoncini per non perdere aderenza. Mi passano in tanti. Poi all’inizio dei tornanti la situazione mi appare meno complicata, prendo il ritmo e la voce sempre più forte dello speaker che arriva dalla Forcella infonde la fiducia necessaria per arrivarci. E’ fatta: 1h45’! Il passaggio sotto il tunnel scavato nella neve non mi provoca l’emozione che avrei pensato di provare, ma al rifornimento scarico la tensione con un urlo (cedo i bastoncini al servizio e sarà l’ultima volta che li vedrò – sigh!). Qui però non inizia la passeggiata così ben descritta giorni prima dalla guida indiana. Il tratto innevato a mezza costa conduce alla salita verso il Piz Boè, cima coppi della Dolomites, con i suoi 3150 mt. 
 

Si sale per corde e scalini metallici, attendendo il proprio turno, tra turisti che scendono e runners che spingono. Scolliniamo in 2h22’, dopo aver percorso poco più di 10 km. La discesa appare da subito complicata. E’ tecnica, con pendenza massima ed il ghiaccio a rendere tutto più difficile. Non c’è tempo di ammirare il meraviglioso paesaggio che mi circonda, preoccupato come sono dal tizio dietro di me che mena i bastoncini a mo’ di spada e cerca di crocefiggermi appena tocco la roccia con la mano. 


Poi arriva il godimento: gli ampi tratti innevati sopra il rifugio Boè permettono la discesa di patello, la più sicura e la più veloce! Il panorama lunare merita qualche foto, ma ancora una volta occorre fare i conti con l’orologio. Si avvicina il tempo limite per arrivare al traguardo, e la strada è ancora lunga. Sentieri di alta montagna e ghiaioni da percorrere sciando. La stanchezza si fa sentire e la caduta mi attende nell’ultimo tratto di forte pendenza. Una capriola e torno in piedi che neanche la Bullock in Gravity avrebbe saputo far meglio. Gli ultimi km appartengono al mio limite, quello fisico e mentale che non riesco a superare. Con la guida indiana a sollecitare un passo più sostenuto e a spergiurare un paio di volte che si tratta dell’ultimo km e mezzo. Ce la faranno i nostri eroi a stare dentro le quattroreequindici? Nelle condizioni in cui sono poco importa. Ma alla fine ecco il rumore delle auto che spingono sulla strada verso il Pordoi e quando siamo veramente all’ultimo km c’è solo il tempo di alzare il pugno al cielo e correre insieme alla mia princess fino alla passerella finale. E’ finita! 4h10’ per poco più di 20 km, volati in un attimo, come solo le cose belle, come la passione per questi monti che brucia dentro!
Grazie Kit Carson!


17 luglio 2014

Dolomites Skyrace #4

"E dove sarebbe 'sto posto, papi?"
"In val di Fassa, vicino ai nonni"
"E quanto ci stiamo?"
"Passami la marmellata. Due giorni. Il tempo di fare questa gara e tornare a casa"
"Ah così poco? E la corsa è dura?"
"Mmmmh, prima si sale e poi si scende"
"Allora niente di che..."
"Seee. Altro latte?"
"E tu sei pronto, papi? Come ti senti?"
"Bah! Come le partite contro il Merate U18. La sensazione che avevamo prima di uscire dallo spogliatoio era sempre quella di non farcela"
"Si grazie ancora un po'"
 
 Per l'accomodation tuttapposto!


14 luglio 2014

Dolomites Skyrace #3

E non importa se in questi ultimi 30 giorni ho fatto più km in auto che a piedi,
se dall'ultima gara con dislivello è trascorso più di un mese,
se in questa settimana la preparazione l'ho fatta spiaggiato in Abruzzo.
Non importa se ieri a S. Barbara sono salito più lento di un minuto rispetto alle ultime  volte,
e se dentro di me una voce dice che non arriverò al cancello orario nel tempo max consentito.

Sarà la montagna a dirmi di no, io ci proverò! Alè papà!

www.dolomitiwebcam.it

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