6 maggio 2014

Hotel Maddalena



Amo la corsa. A modo mio. Ancora adesso gli amici mi chiedono dell’ultima maratona o della prossima mezza. Io a ripetere che ho mollato il colpo. Ora mi dedico al trail, alla corsa in montagna. Gli amici restano sempre perplessi. Forse per i termini che uso, forse per gli abbinamenti che fanno. Leggo il titolo del mio blog. Non mi sento né runner e nemmeno tapascione. Semmai mi sento “der Wanderer” o come si traduce in italiano. Certo, mi alzo ancora quasi tutte le mattine a correre: progressivo, lento svelto, anche qualche intervallato. Ripetute no grazie. L’unica prestazione che mi interessa è abbattere i 33’ nel salire alla chiesetta di S. Barbara. Per tastare la mia condizione, per alzare l’asticella, per gioco. L’obiettivo vero è correre senza il Garmin che mi detta il tempo, in sintonia con lo spettacolo della natura che mi circonda. Difficile per chi di mestiere raccoglie e osserva fenomeni statistici tutti i giorni. Però…
Oggi sono ispirato dalla curiosità, esplorare i propri limiti e l’ambiente in cui mi trovo. Quando percorro le tracce del Motty per un sentiero tanto noto ai più quanto sconosciuto al sottoscritto. Quando con le girls arriviamo al castello per un percorso tutto da scoprire ai nostri occhi, che svela la "busa" nella sua totalità.
 
O come l’altro giorno quando, scendendo da S. Barbara, imbocco via Ardaro, passo dalla casa dei nonni in cui ho trascorso le estati della mia infanzia, supero S. Giacomo e salgo alle Foci. Quattro case, dove era sfollata anche la mia famiglia ai tempi della guerra, ora occupate, per contrappasso, dalla nuova orda di tedeschi. Seguo il cartello che indica strada senza uscita, perché è una delle cose che mi viene meglio nella vita e perché attirato da un animale che 500 metri sopra di me è uscito dal bosco per brucare l’erba e godersi l’aria frizzante che viene dal passo del Balino. La strada termina in una rimessa di ferri vecchi. Sulla sinistra tracce di sentiero conducono nel fitto del bosco. Poi una scalinata in legno tutta nuova mi fa guadagnare quota. Il sentiero diventa evidente, ben curato, addirittura le indicazioni riportanti i nomi degli alberi che incontro. Poi la pendenza si attenua, inizio a correre. La strada non arriva al cervo che ho visto lassù. Dopo una decina di minuti sbuca nei pressi di quello che resta dell’ormai abbandonato hotel Maddalena. Su quei pendii mi portava il nonno, alla scoperta di quello che c’era oltre la siepe di casa, dove ogni scatoletta arrugginita era un residuato bellico e le nespole per terra bombe a mano inesplose.
Ora mi siedo nell’erba alta a riprendere fiato, a trasformare una strada senza uscita in un sentiero pieno di ricordi.


4 maggio 2014

26 aprile - Orna Trail (Ornavasso)



Ovvero di quella volta (prima e unica) in cui ho apprezzato la musica country.

Sono disteso sul prato. Muovo le dita dei piedi al ritmo di Sweet home Alabama, che la band sul palco improvvisato suona con gusto. Sono particolarmente soddisfatto. E rilassato sotto questo sole ristoratore. Insomma sono soddisfatto come si conviene ad un uomo di mezza età che vive nel giusto, pratica regolarmente un po' di attività fisica, non ha ancora avuto necessità di farsi dare un'occhiata alla prostata e che ha appena portato a termine l'ennesima fatica della sua pur breve vita da trailer.
Certo un'ora prima il mondo non mi appariva sotto la stessa luce, mentre seduto ai bordi del sentiero, con lo sguardo perduto nel vuoto vedevo sfilare le ultime truppe cammellate lungo l'infida discesa. A quel punto non ne avevo più, come spesso mi capita di questi tempi. Era stata, forse, la prima salita che dal lago delle rose sale senza soluzione di continuità per circa sette chilometri, oppure la successiva discesa presa troppo sul vivace andante. O ancora poteva essere stata la seconda salita di giornata, meno lunga della prima e meno pendente, ma più difficile da affrontare per le scarse energie. No, sono sicuro che a trasformare la giornata calda, ma ventilata nell'ennesimo calvario sia stata l'ultima salita, tosta e spaccagambe, dove è svanita l'ultima goccia di energia. Così i 1400 metri di dislivello, spalmati su appena 17 km di sentieri, si sono trasformati ancora una volta in un "mai più così tanta fatica".

Quando poi mi sono deciso ad alzarmi e a riprendere la corsa mi girava la testa e le gambe non mi aiutavano molto nel proseguire. Eppure è passata anche una quarta salita, quella per arrivare al santuario del Boden, la cui prospettiva mi appare meno sfumata quando lo guardo dalla sottostante superstrada piuttosto che con la vista offuscata dalla fatica. Dietro ormai sopraggiungevano anche  quelli che avevo superato al primo km, quando tutto era ancora pianeggiante e la giornata mi sembrava ricca di belle speranze. Poi il lume si è smorzato piano piano.

Ma ora sono qui sul prato a godermi il sole. Sarà stata la doccia calda (!), l'abbondante pasto, oppure solo lo spettacolo dei monti della Valgrande davanti a me in questo momento a farmi dimenticare le precedenti dueorecinquantacinqueminuti di sofferenza. Sì, voglio dire, sono ancora cosciente, con un radioso futuro alle spalle e pieno di buoni propositi come si conviene ad un uomo di mezza età, le dita dei piedi che si muovono al ritmo di Sweet home Alabama. Proprio bella questa prima edizione dell'Ornatrail!


PS: c'era veramente gloria per tutti all'Ornatrail, con l'estrazione finale di tanti omaggi, di cui ha beneficiato anche il tenutario del blog: iscrizione gratuita al TAC barattata poi con maglia tecnica Nike decisamente troppo large. Bravi gli organizzatori, sia per il dispiego di volontari, che per il tracciato disegnato, e soprattutto per la birra presente al penultimo ristoro. Così non si è notata la mancanza nel pacco gara del capo tecnico Salomon promesso sul sito.


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