28 luglio 2011

Good morning Tapasciopoli!

Da qualche mattina a questa parte il primo canarino a cantare è il mio. Poi tiro l’acqua. Torno a letto. E attendo che l’alba porti nella stanza il cinguettio degli altri (uccelli). Alle cinque e mezzo mi alzo, bevo un bicchiere d’acqua, accendo lo scalda latte e metto il GPS sul davanzale, affinché prenda il segnale senza perdere tempo quando sarò in strada. Il mucchio selvaggio mi attende davanti alla porta di ingresso. Dal basso verso l’alto: scarpe (scelte in base al tipo di allenamento che intendo fare e al terreno che devo pestare), canotta, pantaloncini, calze, cinturino portachiavi ed occhiali da corsa. Le scarpe me le allaccio giù nel parcheggio, mentre attendo che il GPS ritrovi il segnale. Quando faccio scattare il crono, il tendine d’Achille sx mi avverte immancabilmente che dovrei concedermi un lungo stop dalle corse, affinché possa mantenere la sua posizione ancora per qualche anno. Il primo km è di lancio: lo corro tra i 5’10” ed i 5’20”. Svoltata la curva, automaticamente accelero. Pure troppo, tanto che al terzo km mi dico che non posso continuare a questo ritmo per molto ancora. E al quarto km, davanti alla pista di atletica di Sacconago prendo immancabilmente la prima importante decisione della giornata. E’ qui che si decide cosa scriverò sul foglio excel degli allenamenti, accanto ai km percorsi oggi: CV (corsa veloce) se continuo a questo ritmo indiavolato, CM (corsa media) se rallento un po’, P (progressivo) se penso che oggi sia l’ultimo giorno da vivere, K (allenamento alla Katsen) se rallento notevolmente fino al termine della corsa. E’ in questa zona, poi, che, a partire da fine giugno, incontro qualche altro podista. Di podisti seri per la verità mi sembra essercene solamente uno. Gli altri sono tapa-funghi: come i funghi spuntano solo in certe stagioni. Del tipo: “Cara, ad agosto andiamo al mare. E’ ora di buttare giù un po’ di pancia con qualche corsetta”. Contrariamente ai funghi, però, a settembre non ci sono già più.
Il cavalcavia del quinto km segna il ritorno a Tapasciopoli. All’incrocio successivo incontro i furgoncini che escono dalla rimessa Agesp. Da questa stagione tento di concentrarmi sul volto degli operatori ecologici che stanno dietro al parabrezza. Vorrei arrivare a riconoscerli, capire se sono sempre i medesimi, se fanno i turni, che (alta) considerazione hanno di chi corre, mentre loro inziano a lavorare. Dopo l’incrocio ci sono i soliti tre cani incazzati che attendono il Tapabada per svegliare il quartiere. Da qualche settimana poi devo fare attenzione a schivare due leprotti che se ne stanno come i bravi in attesa di Don Abbondio ad occupare l’intero marciapiede. Probabilmente i muratori che lavorano nell’edificio sul lato opposto della strada forniscono loro generi di sussistenza e poco importa a loro del Tapabada e della sua CV. Al sesto km mi tocca la seconda importante decisione della giornata: continuare sul percorso del gir-otto® classico o allungare la broda. Ultimamente continuo sul classico, ma poi mi infratto in qualche viuzza laterale per allungare comunque. Alla fine dell’ottavo km guardo l’orologio. Se sono in ritardo, chiudo al nove, altrimenti scrivo 10 sul file excel. 
Il nono km è sempre quello più impegnativo, Sia che stia correndo una CV o una CM o un K, meno a tutta per svuotare il serbatoio. All’inizio del decimo entro nel mio quartiere, passo davanti all’asilo nido e rallento notevolmente. Un po’ per recuperare lo sforzo, un po’ per tenere un profilo basso nell’isolato. Tranne gli amici tapascioni del posto, nessuno nel quartiere conosce la mia vera identità. Insomma vorrei continuare ad essere ricordato dai vicini di casa come: “quel signore di mezza età, una bella famiglia, però con ‘sta fissa della corsa la mattina presto. Meno male che uscendo non sbatte il portone”.
Arrivo nel parcheggio e fermo il crono sui 10; né un metro prima né un metro dopo. Ci sono certezze nella vita che vanno coltivate con una propria disciplina interna. Poi apro la porta ed accendo la radio. Good morning Tapasciopoli!

25 luglio 2011

Pregàsina o Pregasìna?

Una sera a domandare la giusta dizione di Pregasina e la mattina dopo su fino a questo pseudo-paese di quattro case a picco sul lago. La strada è quella che ormai faccio metodicamente da un paio di mesi ogni volta che torno qui. Salgo la Ponale fino al bivio per la valle di Ledro. Questa volta vado dritto. Proseguo sulla vecchia strada, mezzo asfalto e mezzo niente, che sale al ritmo di tornanti stretti sul fianco del monte, giusto a picco sulle acque scure di un lago insolitamente calmo a quest'ora. Qui una volta ci passavano le auto (forse tutte Topolino)!
Di notte ha piovuto, ma adesso il cielo dà un'attimo di tregua. Il ritmo è quello giusto ed al nono km sono al cartello di benvenuto di Pregasina. Non ho con me il cellulare e quindi mi limito ad immagazzinare con gli occhi tutta la poesia del luogo. Ancora qualche centinaio di metri in alto, fino ai primi alberghi demodè del paese, poi l'aria che preannuncia la pioggia mi convince a fare dietro-front. Una bella picchiata fino a casa, fissando a destra la skyline del Baldo, che a settembre mi farà tremare le gambe.
La porta di casa si chiude sulle prime gocce di pioggia. Un'ora e mezza di deambulazione estatica: negli occhi il verde di questi monti ed il blu scuro del lago, nel cuore il giallo (e l'emozione) per un piccolo grande uomo, campione di sport e di vita. Grande Cadel!


18 luglio 2011

17 luglio - Bettelmatt Runner

La sveglia suona alle 5 e alle 5.30 sono in viaggio verso il nulla. Nuvole basse e scure appiattiscono il panorama e due ore di auto in solitudine sollecitano riflessioni sul perché il Tapabada non sia rimasto a Tapasciopoli nel suo letto a dormire ancora un po’, invece di sfidare un giorno da diluvio universale. Conclusione delle riflessioni fatte in A26: l’ispirazione. 
A Riale trovo altri duecento ispirati come me che correranno questa quarta edizione della Bettelmatt Skyrace. Sulla 20km saremo in oltre cento. La partenza slitta di mezz’ora per permettere almeno la visione di chi ti sta di fronte. Poi le  nuvole danno una tregua, l’aria si fa più tiepida, la chiamano la quiete prima della tempesta. La salita al lago di Morasco serve per scaldare i muscoli, poi inizia la corsa, mentre i guerrieri della lunga sono già sulla via del Rif. Mores. Noi deviamo per la piana del Bettelmatt. Mi superano e supero. Oggi senza il Pres l’andatura la faccio io. Non ho intenzione di tirarmi il collo prima di arrivare al Passo Gries. Sulla piana si torna a correre, ma è solo un attimo. Il Gries sopra di noi è lì che attende, immerso nelle nuvole. Ora la pioggia sferza la faccia e le raffiche di vento la rendono ancora più fredda. Indosso il k-way e non lo abbandonerò fino all’arrivo. Il sentiero che ci porta ai 2.470 mt. del passo è ancora in buone condizioni, nonostante le piogge incessanti delle ultime 24 ore. Arrivo al ristoro in cima alla salita ancora in discreta efficienza (7 km e 700 mt. di dislivello in 1h8’, due minuti in meno dell’anno scorso). Il tempo di un mezzo bicchiere di tè caldo e poi via sui saliscendi che portano prima al Passo Corno (cima Coppi del percorso) e poi all’omonima Capanna. Siamo in territorio svizzero e nelle giornate di sole qui il panorama è meraviglioso. Oggi invece sembra di essere sulla luna. Acquisto fiducia in discesa e presto arriviamo alla Capanna, ma niente ristoro quest’anno. Ancora un po’ di falsopiano poi il sentiero riprende a salire. Ora siamo su un single track con un pendio non strapiombante a sinistra e la roccia a destra. Corro ultimo di un gruppetto che tiene il medesimo passo. Da dietro arrivano i primi due della lunga, in malo modo ci apostrofano per farsi largo. Un “fuori dalle palle” di troppo li connota come campioni di sport, non certo di vita. Vabbè. L’ultima asperità della giornata per raggiungere il Passo S. Giacomo me la ricordavo più corta. Il corpo cerca di cancellare la fatica passata, ma quella presente è qui a ricordarmi che non ho ancora toccato l’acqua della borraccia. Fino ad ora un solo integratore ed un po’ di tè, veramente poco per oltre due ore di corsa. Ingollo il secondo integratore che ho in saccoccia e mi presento al secondo ed ultimo ristoro (ma non dovevano essercene tre?) a Passo S. Giacomo in anticipo di 7 minuti rispetto all’anno scorso. La discesa verso il Lago Toggia è uno sfinimento, le energie sono al lumicino ed il niente che mi si para davanti non permette nemmeno di distrarsi godendo del paesaggio stupendo che ci circonda. Allungo il passo sul mio gruppetto, e nei pressi del Rifugio Maria Luisa scorgo due figuri che mi indicano la direzione giusta. Gocce di pioggia, ora incessante, sugli occhiali, appannamento globale di mente e fisico. Stringo i denti che la picchiata verso Riale dovrebbe iniziare a breve. Ed infatti ecco lì il sentiero tutto fango per gli ultimi due km di questa skyrun. Fanno tempo a passarmi altri due concorrenti della lunga ed un elfo dei boschi con barbetta grigia e passo svelto. Giungo in fondo alla picchiata senza danni evidenti. 


Scorrono i titoli di coda. Accarezzo il muso ad una mucca il cui occhio lucido mi pare la faccia partecipe della mia fatica. Tolgo il k-way: il senso di appartenenza non appartiene al Tapabada, ma la casacca della San Marco è l’unico blu in mezzo al grigio di questa giornata. E poi tolgo il cappello perché oggi il mio andare per monti, mi ha proprio soddisfatto e allora giù il cappello Tapabada. Termino la fatica in meno di tre ore. Poi una doccia fredda si somma al freddo già incamerato, così no birra no party. Pesciolini e calamari fritti mi attendono in riva all’Agogna. 



10 luglio 2011

Tapasciate vs. trail

La nuova moda del trail fa dimenticare le belle tapasciate che uno può trovare vicino a casa. Una di queste è sicuramente la Castronno vai e torna, una IVV organizzata molto bene dal Gruppo Podistico Castronno, giunta appena alla seconda edizione, ma che farà molta strada grazie alle splendide aree paesaggistiche che attraversa e agli scorci sul lago di Varese che riserva almeno a chi, come il Tapabada, ha scelto il percorso di 20 km. Un tracciato collinare di medio impegno, sterrato per oltre due terzi. Del trail classico mancava solo il guado del torrente ed il pacco gara, ma tutto il resto rispetto alle ultime esperienze era sicuramente meglio. Ristori all'altezza e kilometraggio finale addirittura superiore a quello indicato (cosa veramente insolita per una tapasciata che generalmente lascia sul percorso due o tre km). La leggera pioggia della notte ha aumentato il grado di umidità, solo in parte compensato dalle nuvole che hanno nascosto il sole per larghi tratti di gara. Il tendine ha tenuto grazie al fondo morbido. Come succede spesso negli ultimi tempi la sensazione di gambe molli mi accompagna per i primi cinque km poi passa (?). Un test complessivamente positivo in vista della prossima fatica domenicale. Ne farò però solo 20, nonostante i buoni propositi dell'anno scorso.

RESPONSABILITA'

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica e non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62/2001. L'amministratore del blog, pur mantenendo costante azione preventiva, non ha alcuna responsabilità per gli articoli, siti e blog segnalati e per i loro contenuti. Ogni commento inserito nei post viene lasciato dall'autore dello stesso accettandone ogni eventuale responsabilità civile e penale. Le foto ed i video contenuti in questo blog sono da intendersi a puro carattere rappresentativo, divulgativo e senza alcun fine di lucro. Sono copyright dei rispettivi autori/agenzie/editori.