26 settembre 2015

L'estate addosso

Seduto nel giardino della villa, vedo le prime foglie dell'acero rosso cadere. L'estate se ne va e cosa mi resta addosso? 
Sicuramente i 62 km della Strafexpedition. Mi sembra di essere tornato alla mia prima maratona. Anche allora, a distanza di giorni, non realizzavo ancora l'esperienza conclusa. "Ne ho fatti 42!". E adesso... Sì è vero; è stata una lunga passeggiata, ho impiegato un tempo spropositato, potevo far meglio. Ma alla fine sono arrivato al traguardo.
Di questa estate mi rimane addosso soprattutto il fascino della scoperta, dei nuovi sentieri che ho percorso e delle tante catene a cui mi sono aggrappato, goffo, qualche volta spaventato, sempre con tanta adrenalina addosso. Quelle sul sentiero Roma e quelle del Sass de Putia, una promessa realizzata dopo 10 anni. 

Sentieri calpestati a giugno ora ricoperti da una foresta di felci, o già spruzzati dalla prima neve. Come questo cortile che tra qualche giorno sarà pieno di foglie ... Di quest'estate mi rimane addosso la curiosità del bambino che apre la porta, il cuore in gola, e salta oltre la siepe. Il primo passo nel buio è l'inizio della prossima avventura.



14 settembre 2015

6 settembre - Strafexpedition



La tromba che suona il silenzio alla partenza, i fuochi di artificio che svegliano Asiago alle 6 della mattina, la prima neve in cima al Portule, la commozione sull'Ortigara e  davanti al cimitero della Brigata Sassari. Quante emozioni diluite in 62km e 10 ore e 30 minuti di viaggio nella storia.

La mia prima ultra doveva essere qui, in uno dei luoghi simbolo della Grande Guerra per non dimenticare gli orrori della guerra. Perché una volta finita la benzina ci sarebbe stata solo la volontà a portarmi fino al traguardo e spesso la volontà si nutre di retorica, di simboli. 


E così fu. La frontale accesa a salutare la prima luce dell'alba che rischiara l'altopiano. Corsa e camminata per affrontare la salita a Forte Interrotto, la prima asperità di giornata. Poi ci buttiamo giù in discesa lungo tornanti disegnati nel sottobosco umido, pieno di funghi e fungiatt. Più attento alle ombre filanti che chiedono spazio che alle radici nascoste. Dopo il primo ristoro ecco il lungo salitone verso Cima Portule. Sono 13 km di salita costante ma non cattiva. Prima su strada bianca poi su un sentiero raggiunto dal primo sole della giornata. Si procede a gruppi, si parla di marcia forzata (il posto è quello giusto). Il 60enne con tuta, kway e pettorale, chiede strada e ci supera a doppia velocità (lo raccatteremo più in là mezzo spompo, ma sempre incazzato). La salita spiana in vista del ristoro dei 20 km. La mia guida indiana ed il sottoscritto ne approfittano per correre prima dell’ultimo tratto che ci separa da Cima Portule. 






L’arrivo in vetta ci regala un panorama sul Brenta e l'Adamello che solo settembre può riservare. Calpestiamo la prima neve, mentre il vento che soffia da nord ci costringe a non fermarci troppo. La discesa è breve, per un po’ si tira il fiat. Poi ancora su verso Cima Dodici. Salita breve, ma questa volta bella dritta. Il panorama si apre su una piana desolata, rocce e vegetazione scarsa. La strada bianca ci conduce al ristoro dei 30km. Inizio a sentire la fatica, ma dopo una curva la vista della campana in cima all'Ortigara mi rinfranca. La meta di giornata è lì che ci attende. Ci arriviamo dopo 6 ore dalla partenza. Le foto di rito la commozione e poi giù in mezzo ai tanti escursionisti che salgono fin quassù per ricordare la nostra meglio gioventù di un secolo fa. 


Il ristoro di Piazzale Lozze al 37 km segna anche la fine della benzina. La parte di saliscendi da lì al traguardo mi appare senza fine e a nulla vale l’incitamento della guida indiana. Lo sconforto mi assale quando mi superano in tanti a doppia velocità (saranno una quindicina prima del traguardo). Mi sconvolge meno il sapere che i km saranno più dei 59 previsti: il viaggio è faticoso, ma il paesaggio ripaga la fatica. La mia guida indiana fa il suo meglio per portarmi all'arrivo, ma solo negli ultimi km la testa inizia a definire i contorni dell’impresa e riattiva le periferiche. L'arrivo in centro ad Asiago, dopo oltre 10 ore e 30 minuti da quando lo avevamo lasciato, in mezzo alle bancarelle di madeinmalga pone fine, non solo alla sofferenza, ma anche alla magia di una giornata bellissima, un lungo viaggio nella storia, ma soprattutto dentro al nulla cosmico del Tapabada. Fino alla fine.


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