Dunque, ricapitoliamo. Ho corso (con il pettorale o senza, in buona o cattiva compagnia) dieci volte dieci: 3 tapasciate, 3 cross, 3 trail e una gambadoro. Nessuna maratona. Sei mesi vissuti pericolosamente. Dal 1° giugno stop. In ordine sono arrivate una neuropatia genetica, una protrusione discale, una bronchite non curata. Corse prese di petto e finite per dire che le finivo. Un relitto che dodici mesi prima correva le maratone.
Meno
di duemilachilometri in un anno, mediamente 12 allenamenti al mese, che fanno
13 km per ogni uscita. Era dal 2009 che non facevo così poco (e così schifo).
Il
bimbo che leggeva Salgari si domandava come facessero quei velieri a restare a
galla, nonostante le cannonate ricevute: cordami, trinchetti, vele, tutto giù.
Poi trovava la spiegazione: l’albero maestro! Finché quello resiste, in porto
ci si torna.
Come il galeone del CorsaroNero oggi il Tapa non ha perduto il suo albero maestro, che
si chiama ispirazione. E a quella mi aggrappo. E’ la molla che mi fa abbandonare
il caldo piumone ed uscire nel buio e nel freddo della mattina. E’ soprattutto la
molla che mi fa tornare a casa con la voglia di riprovarci domani. Non corse particolari da
preparare, personal best da limare. Solo l’ispirazione che sento quando il
silenzio mi circonda e sono ancora - per un po’ - padrone delle mie gambe.
E non finisce qui. Seguo il MAF, perché l’anno prossimo ho voglia di fare, di
vedere nuovi posti, di esplorare sentieri nuovi. Poi magari la mattina della
gara mi sveglierò e starò a letto, pur di non indossare il pettorale, pur di
non soffrire così tanto.
Ma per me correre resta l’unico modo di tornare alle origini, a quel bambino che
leggeva Salgari. Spogliarsi di tutto e viaggiare leggeri, nel corpo e nell’anima.
Coprire la distanza tra A e B nel minor tempo possibile è un abito mentale a
cui non posso sottrarmi. Almeno per ora. Finché ci sarà un luogo da scoprire, finché terremo
botta, finché ci sarà l’ispirazione.
Merry Christmas!