7 aprile 2014

6 aprile - Sky del Canto - Carvico



Ovvero di quella volta in cui avevo finito la benzina al sesto chilometro e ne dovevo correre ancora 15

Appena dopo la barriera di Milano-Est un cartello di Autostrade spa mi informa che viviamo in uno splendido Paese (?) e mi invita a scoprirlo. Per farlo, questa mattina, devo percorrere qualche chilometro ed arrivare a Carvico (con l’accento sulla i). Qui in mezzo a capannoni vuoti, paesini che si susseguono tutti uguali senza soluzione di continuità, centri commerciali e lavaggi auto a gettoni (sigh!) c’è spazio per un po’ di verde ed una collina, spuntata lì per caso, giusto apposta per organizzarci una skyrace bella tosta.

La mattina è già calda e abbronzate sono le facce della maggior parte dei podisti convenuti, traccia della recente stagione di skialp che volge al termine. In mezzo a questo campionario ben assortito di retici, scesi in pianura per la prima skyrace dell’anno, la mia domanda è sempre la medesima: che ci faccio io qui? Accanto alla competitiva il banchetto della Fiasp sembra fornirmi una valida risposta. Mi strizza l’occhio cercando di sedurmi con una 21 non competitiva, che non richiede mentalità, allenamento e propensione da skyrunner. Ma oggi il tapascione che alberga in me non l’avrà vinta e il countdown della skyrace allontana le tentazioni dell’ennesima domenica vissuta tranquillamente.

La prima salita arriva subito: prima si corricchia poi si sbuffa camminando al ritmo dei più lenti. Il primo ristoro è già qui. Guardando in alto mi accorgo che davanti ci sono tutti, ma proprio tutti. Nonostante ciò colgo la sensazione di essermi tirato il collo. Lo spirito competitivo è tentatore e allo scollinamento già sono senza benzina, nonostante la fiducia che il dislivello macinato negli ultimi mesi aveva fatto crescere in me.
Nella discesa riacquisto posizioni, ma è quando inizia la parte pianeggiante che vorrei già tornarmene a Carvico (sempre con l’accento sulla i). La spia rossa già mi segnala il peggio. La seconda salita, bella tosta, appare insieme a nostra Signora al 12esimo km. Prima di compiere l’impresa, sotto un sole ormai a picco, mangio quello che trovo al ristoro. Mi superano tutti quelli che possono definirsi tapascioni della domenica (senza citare agili signore attempate e panzoni travestiti da skyrunner già passati da tempo). L’autostima (qualora mai ce ne fosse stata) è ormai qualche metro sepolta sotto le mie Cascadia. I chilometri mi passano, mentre cerco plausibili giustificazioni ad una debacle del genere: le ripetute di ieri, la notte insonne, la genetica bastarda (driiin, l’accendiamo? si l’accendiamo). Si sta ripetendo il copione dell’ultimo gara con pettorale (se ne perde quasi il ricordo).
Al sedicesimo km, mentre in lontananza lo speaker elenca l’ennesimo arrivo di giornata (NdR ricordarsi tappi per orecchie la prossima occasione) affronto l’ultima asperità di giornata. Il sole ormai è alto, gli ultimi (ma ce n'erano altri dietro me?) mi superano come fossero dei Killian appena partiti. Questa volta, però, il motore sembra ripartire, salgo al ritmo con cui avrei dovuto salire la prima salita (senza strafare) e la vista della bombola di ossigeno prima dell’ultimo muro cancella ogni stanchezza dalle mie gambe. La picchiata degli ultimi due chilometri verso l’arrivo, in una specie di canale/sentiero che il fango avrebbe reso un toboga pericolosissimo, mi fa apprezzare maggiormente il caldo torrido di questa domenica di aprile. Termino appena sotto le tre ore quando stanno ormai premiando gli over 60 (!). Ma come sempre a consolarmi è il fatto che sia rimasta della birra anche per gli ultimi.



PS: sembra che l’ultimo ristoro fosse rimasto a secco di rifornimenti (se è così bacchettata agli organizzatori). Ciò mi ha permesso di recuperare sui podisti in preda ai crampi e arrivare prima della scopa. Per il resto l’organizzazione mi è sembrata quella di una skyrace degna dello splendido Paese in cui vivo. Vi invito a scoprirla il prossimo anno!

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