“Papà mi compri la collana che c’è lì in vetrina?" "Santo Cielo! Mi sono appena fatto 43km su e giù, arrivo al traguardo, e tu neanche fai un preambolo? Non pretendo un Come ti senti papà? - che implicherebbe una certa conoscenza di cosa ho fatto nelle ultime 7 ore 7. Ma tipo Come stai papà?” "Allora è un si papà?"
Ai ristori del Trail del Sestriere si
sorseggia Stille e non acqua naturale. Se vuoi c’è anche la Bolle che poi è
acqua frizzante, o la Mole Cola che sostituisce la Coca Cola. Poche
volte un trail è alla prova dei fatti ciò che sembra quando ti iscrivi. I km non sono mai quelli, il
dislivello pure. E il Sestriere non fa eccezione. Anzi, in questo caso il
dislivello balla addirittura di 600 metri tra quello dichiarato, 3000, e
quello effettivo, 2400. Ma poco importa se c’è qualcosa di farlocco. Soprattutto qui che quando vedi il paese ti chiedi se Dio ha creato prima le
piste da sci o questa skyline di palazzi semideserti che fa a pugni con il
contesto. Ci mancherebbe che stia a criticare,
anche se un appunto lo faccio: il ristoro finale. Stille, Bolle, Mole Cola e …
frutta. Stop! No anzi, pure dei biscotti burrosi e caffè (!), ma di qualità.
Alloggiamo all’albergo del Centro, che
sta 4 km più sotto di Sestriere e tanto basterebbe per renderlo meraviglioso.
Il giorno dopo alla partenza si fa il giro di conoscenze dei circa 80 trailers
(c’è da domandarsi perché così pochi?) che si cimentano sulla lunga distanza (43k,
no 41,5, no no proprio 43 o poco meno). Il percorso offre una prima parte corribile
su e giù, da e verso Sestriere, percorrendo tratti del bel sentiero Gelindo
Bordin (why dare il nome di un vicentino ancora esistente, o è già morto?, a un
sentiero piemontese?). Dopo una decina di km il salto verso il Monte Fraiteve,
cima Coppi del trail a 2700 metri. Si arranca su una sterrata che risale le
piste da sci della Via Lattea. Arrivati in cima il primo ristoro e lo
spettacolo delle montagne tutto intorno che vale la fatica.
Si prende freddo
con la mia guida indiana ad attendere le families ancora sull’ovovia. Tra una
Cola e una Bolle passano dieci minuti e finalmente arrivano le girls. Saluti e
baci e riprendiamo ormai in fondo allo sparuto plotone di trailers già lontano.
Ancora discesa su pista e poi si entra nel bosco. Un primo tratto procede per
un sentiero corribile e poi nuovamente lo sterrato che con il passare dei km
diventa come un peperoncino infilato in quel posto. Il secondo ristoro, al 22esimo, preannuncia un
tratto in falsopiano che durerà un’eternità (almeno per me) e poi, quando le
indicazioni danno l’approssimarsi del 25esimo km (ma sarà poi vero?), si parte in salita
per la seconda parte della gara. “1k verticale in 5 chilometri di sviluppo” recita il
volantino e così sembra. La strada prende a salire con vigore e tra tornanti si
arriva prima al cartello dei 30k e poi dei 35k, entrambi farlocchi (ma posso
alimentare il dubbio che il solito buontempone li abbia spostati nella notte).
Lassù il colle Basset ci guarda, ma non è la nostra meta, almeno per il momento.
Al ristoro ci descrivono con ampi gesti il percorso per arrivare lassù (e vi
assicuro che non sembrava anche in quel preciso momento la via più diretta). Si prospetta, infatti, un giretto
niente male di su e giù (molti più su che giù) durante il quale cresce in me la
convinzione che la prossima gara di 58 km, a cui mi sono iscritto, non sia nelle mie corde (decisamente no). L’ultimo traverso mi sembra una personale via crucis
che termina in cima al colle descritto con ampi gesti circa un'ora e mezza prima.
Qui finalmente si scollina con alle viste Sestriere. La strada è ancora lunga,
soprattutto quando la discesa lascia il posto alla restante parte del sentiero
Gelindo Bordin, pianeggiante il giusto per cui il correre sarebbe la soluzione naturale per la mente, ma non
per le mie gambe. Tornantoni finali sulla solita strada sterrata, che - può essere un’allucinazione -
ma pare non avermi mai abbandonato dalla mattina, e arrivo alla tarde senza
neanche uno straccio di speaker a beatificare gli ultimi.
I quesiti della bimba, appena varcata la
linea del traguardo, mi sradicano da un intorbidimento mentale più che fisico e
mi gettano nello sconforto: “Capiranno un giorno chi è stato il loro papà? Mediocre tapascione o leone per un giorno?”