26 maggio 2015

24 maggio - 3^ Trincea Trail



Corro i trail per momenti come quelli vissuti oggi: le gambe che vanno da sole su un sentiero nel sottobosco umido, gli occhi che si ubriacano del verde che sta intorno …

Da qui ero passato già per la prima edizione due anni fa e ancora prima per la Corsa in Trincea. Non mi ricordo il motivo, sicuramente futile, che mi ha fatto perdere la seconda edizione. Per poco non saltavo anche questa, fosse andata come doveva andare... E invece eccomi/ci a Cassano Valcuvia a cercare il bar che stava in piazza fino a due anni fa e adesso ha chiuso. Come sottolinea la signora in pigiama cui chiediamo lumi “Se cercate un bar siete capitati nel paese sbagliato”. Alla diminuzione dei locali nel paese però fa da contraltare la crescita nel numero di trailers presenti (circa 600) sulle due distanze in programma, 17 e 29 km. Due anni fa avevo lasciato la lunga a 24 km e ora la ritrovo allungata di 5 km. Non tutti necessari a dire il vero, ma si sa il popolo ultra è alla famelica ricerca di kilometri da macinare nel weekend e così gli organizzatori devono inventarsi tagli di prato fuori stagione, passaggi nelle riservette adibite a cesso (la guida dixit) delle fortificazioni, un avanti e ‘ndrè su 50 metri di bitume. Ma poco importa. Il Trincea Trail è veramente una bella gara e non mi sto a dilungare oltre, avendo già esaltato le caratteristiche del percorso, il circondario e accessori vari due anni fa
Oggi vorrei solo testimoniare gli effetti benefici della corsa in natura sulla salute (almeno la mia). Le perplessità sulle mie condizioni fisiche della vigilia si sono, infatti, dissipate a mano a mano che macinavo chilometri e illuminavo con la frontale gallerie scritte nella storia della Linea Cadorna. L’acme bioritmico è stato raggiunto tra il 15esimo ed il 20esimo km correndo su un single track in leggera discesa. La spina era completamente staccata e le gambe seguivano il naturale percorso del sentiero senza apparente fatica. Poi, ovviamente, è venuto il ristoro ed, ancora, la lunga discesa verso il traguardo, e lo stato di trans agonistico è andato svanendo, ma mi è rimasta la sensazione di benessere che affligge chi vuole fare il trailer e rimane un eterno tapascione.

18 maggio 2015

10 maggio - 1^ Sky del Motty


Oggi ho fatto il Paolone … ma solo in discesa


Proprio bella questa prima edizione della Sky del Motty. Siamo in poco più di un centinaio a percorrere 23 km e un dislivello che, alla prova del Garmin, si confermerà superiore ai 2300 m. Dura per me, ma anche per altri, complice il caldo estivo di questi giorni. Ma chi non l’ha fatta si è perso panorami stupendi e un percorso dove c’era tutto ciò che chiede chi ama l’off road

 Prima la salita verso l’Alpe Cortano, dove qualcuno ha abbozzato una timida corsa. Poi la discesa verso i Tre Alberi con guadi, ripidi strappi e discese in un sottobosco grippante al punto giusto. E ancora la picchiata verso la periferia di Omegna, dove mi sembravo il Paolone (ma voi lo conoscete?) da quanto filavo via, chiedendo pista come fossi il maestro della discesa al Kima. Poi però, iniziata la salita verso la vetta del Mottarone, al 15esimo km, al Tapabada si è accesa la spia della riserva. All'alpe Mastrolino mi sentivo uno di quelli gnomi visti lungo l’omonimo sentiero che ci aveva condotto fin lassù. La parte successiva, nonostante l’avessi fatta altre volte, mi è sembrata prova ardua da affrontare nel caldo di metà giornata: un bel tiro quasi verticale di 300mt. Scollinato, con la vetta a portata di mano, sapevo che la corsa non era ancora finita, ma non pensavo che sarebbe stata una tale via crucis, causa anche la scarsità di acqua nelle borracce e la mancanza di un rifornimento che lì ci sarebbe stato proprio bene. E mentre il Pres mi sorpassava allegramente in modalità gita oratoriale, fantasticavo dei tre km pianeggianti a conclusione del percorso, di cui avevano parlato nel briefing mattutino. Manco l’ombra! Gli ultimi km si sono rivelati una serie di saliscendi letali che hanno condotto alla salita finale, quella alla vetta del Mottarone, madre di tutte le salite. Per tirare il fiato mi sono messo a scattare qualche foto del panorama (oggi ne valeva proprio la pena), prima della picchiata sulle piste da sci verso il traguardo dove le girls aspettavano fiduciose l’arrivo del papi. Il tempo preventivato, circa quattro ore e mezzo, è stato sforato di soli due minuti. Rispetto al Dario&Willy oggi, però, mi è sembrato di avere partecipato a una gara, piuttosto che essere andato per funghi.




12 maggio 2015

1° maggio - Trofeo Dario&Willy


Oltre il tempo limite breve summary del mio primo maggio

Le gare da queste parti sono sempre affollate da retici che pare abbiano iniziato a correre ancora prima di camminare.

Così mi metto in marcia sulla superstrada con la guida indiana e con il low profile che si addice all’ospite infrequente, che non conosce l’idioma locale. Prima volta al Dario & Willy per il Tapabada ma monti conosciuti come lo potrebbero essere per il Renzo manzoniano con tutti i trascorsi escursionistici per queste montagne.
La pioggia autunnale che scende fine non scoraggia gli oltre 500, che partono subito forte ed io dietro ad arrancare. La Dario&Willy è presto spiegata: ci sono tre salite da affrontare e, se piove, si aggiunge pure il fango. La prima salita, verso il rifugio Sev, è la più tosta, per sviluppo e dislivello, fatta con il seprentone che spinge sbuffa e suda all'unisono. Poi c’è quella per valicare il monte Rai e infine il saliscendi (più sali che scendi) che porta all’ultimo strappo del Sasso Preguda. Il tutto condito, in un primo maggio dove a lavorare ci sta solo Giove Pluvio, da fango di quelli spessi e insidiosi. Risalgo al primo cancello orario del rifugio Sev in tempo utile per rifocillarmi con calma e pensare a come affrontare nel migliore dei modi la discesa seguente. La scelta optata è di scendere quasi esclusivamente a patella con conseguenze nefaste per le mie chiappe. Dopo la prima parte il sentiero diventa corribile e verso il rifugio Terz’alpe riesco pure a tirare il fiato. Ma appena passato il ristoro si riprende a salire verso il monte Rai e il rifugio SEC, dove in mezzo alle nebbie ci attende anche lo speaker ufficiale del Giir di Mont (così dicono le cronache, ma non lo conosco personalmente). Poi giù in picchiata verso San Tommaso, con il Tapabada più attento a evitare rovinose cadute che a tenere dietro le persone che sfrecciano su entrambe le corsie laterali. L’ultima parte della gara si snoda nel bosco. La pioggia si fa insistente e un gruppo di pazzi alcolici ci saluta sullo Zucon a colpi di campanaccio e alito da stendere un toro. In questo clima da Zegama Aizkorri - pioggia nuvole basse e tifo da stadio - infiliamo l’ultima discesa pendente quanto basta, ma modificata rispetto all’originale, visti i problemi di stabilità nella giornata autunnale. Il lungolago ci aspetta, non gli spettatori, che dopo 4h19’ sono ormai spariti. Ma anche questa seconda gara “bagnata” del 2015 è fatta: 22km per 2000 metri di dislivello.

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