9 giugno 2015

5 giugno - Vigolana Half Trail



Che silenzio. Par de esser in giesa!
Arranchiamo sulla salita per la Ceriola e le voci si sono smorzate dopo il cicaleccio da Italiani in gita dei primi 5 km falsopianeggianti. Ora il bosco inghiotte il sentiero e saliamo fino a Malga Derocca. La salita è tosta, ma mi sento così bene da tentare qualche sorpasso. Dimentico di bere frequentemente e arrivo al primo ristoro (ottavo km) evidentemente assetato. Poi la via riprende in costa (prima caduta, di coscia destra) e ancora in su verso la croce del Becco di Ceriola. La salita più tosta della giornata finisce al decimo km. Tempo per una foto alla Valle dell’Adige là sotto (per non essere da meno della coppia di americani che continua a fermarsi per scattare foto e poi riprende a ritmo forsennato, che il paesaggio già lo conosco). 



La prima discesa (seconda caduta, di chiappa, attutita da soft flask mezza vuota), serve per farmi superare da quei pochi che erano stati dietro fino alla croce di vetta. Ripida ma non troppo, la discesa si apre poi su pratoni e su una forestale in un a zona il cui incanto merita un pit stop bucolico. Il secondo ristoro a Malga Palazzo sembra una festa di paese. E via alle libagioni allora. Mangio: speck, formaggio, crackers, crostata. Cos’è quello? Massì mi dia anche la frutta secca che fa bene. Bevo: sali acqua con gas e senza gas, coca. C’è anche la birra? Si, ni, no, dai devo andare, magari del the, si del the è meglio, che poi sembro quello che corre i trail solo per i ristori). Riparto un po’ appesantito. Dopo un 200 mt di salita si può decisamente togliere il po’. Il tratto in falsopiano incita al piccolo trotto, ma io preferisco risparmiarmi (sì, si, diciamo che è per quello, ma in effetti lo stomaco mi sembra una lavatrice in piena centrifuga). Così inizia la salita verso il Cornetto di Folgaria in una valle semilunare. Mi sembra di viaggiare con passo sostenuto, ma chi mi ha superato dopo il ristoro è ormai un puntino davanti a me sulla cresta che porta al Cornetto. Quando ci arrivo io inizia a piovigginare. Tuona. Assalito dalle mosche (a proposito un plauso ai volontari, qui per i fastidiosi insetti, e su tutto il percorso per l’ottima vigilanza e l'incitamento) mangio qualcosa (probabile anche qualche mosca) e scendo con i bastoncini ficcati a punta in su nello zaino (quanto mai). Siamo oltre il 18esimo km. Si scende e poi sarà l’ultimo strappo di giornata al Becco di Filadonna, cima Coppi della gara. E qui, dove si dovrebbe correre, vengo frenato dalla vegetazione, su cui vanno a sbattere le punte dei sopramenzionati bastoncini (ma fermarsi e riporli nello zaino?) e dalla scarsa aderenza delle mie suole alle rocce viscide (allora la leggenda delle vibram che su roccia umida è come il sapone non è una leggenda?). I primi “cadaveri”: crampi, un telo termico svolazzante, addirittura un collega con annessa flebo e movimento del soccorso alpino. Metto i remi in barca e arrivo allo scollinamento. La discesa qui è veramente tecnica. Gambe e stomaco non seguono il legittimo padrone. Giù alla Paolone (terza caduta, di chiappa, la soft flask vuota questa volta non ammortizza, ma metto giù le mani in tempo utile). Un po’ di sorpassi, attivi e passivi, e quando vedo la strada spianare … quarta caduta di ginocchio con ferita lacero contusa. Al Rifugio Casarota mi sciacquo e bevo, bevo bevo, poi smetto di bere perché forse ho bevuto troppo. E infatti nei restanti 10 km che separano dal traguardo (tali dovrebbero essere perché intanto il Garmin sì è/l’ho fermato involontariamente per 3km3) appena provo a correre su un’ampia forestale lo stomaco si trasforma in una boule da agitare con cautela, al retrogusto di gel enervit, speck e diosacosaltro, ma comunque poco appetibile. Così cammino, in attesa che passi il momento no. Poi scende la pioggia, poi un chicco e poi un altro + grosso.

Gli ultimi 5 km, mentre diluvia, li faccio, questa volta sì, correndo. Il mio unico pensiero motivante è che l’auto, parcheggiata in un prato a mio giudizio poco permeabile, non ne uscirà più - ed io per giorni fermo a Vigolo Vattaro (sai quelle ansie immotivate che ti prendono e fanno fatica a lasciarti). Così arrivo al rush finale camminando. E poi strisciando, una volta passato dal parcheggio e aver fugato tutte le mie ansie :). Ma poi mi ritrovo a correre e correre come non facevo da qualche settimana perché il tipo che porta le ghette (?!) e i pantaloncini di maglina della Champion (che uso spesso quando vedo la tv sul divano) è uscito dal bosco là in fondo e io, che l’avevo superato qualche km prima, lo voglio tenere dietro, a tutti i costi, o io non mi chiamo più Tapabada.

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