30 ottobre 2015

25 ottobre - Sempre il Casto, solo un po' più lungo


Mi avessero detto qualche tempo fa che avrei corso 46km su è giù tra boschi e crinali nel profondo della provincia biellese avrei potuto dubitare … della mia e dell’altrui sanità mentale

Invece eccomi qui ai blocchi di partenza alle 7 di una mattina decisamente autunnale. Chi dice che non ci sono più le mezze stagioni mente: sole velato, fresco ma non troppo, colori da ammorbidire un vecchio leone e castagne a non finire). La guida indiana ha movimentato addirittura il camper con parcheggio a 20 metri dalla partenza e a non più di 50 dalla spillatrice di Menabrea (e questo particolare rende un trial hors categorie). Per chi come me ha sempre fatto la gara corta, cimentarsi sul percorso più lungo mi ha riportato alla memoria la volta in cui diedi il primo bacio (voglio essere romantico): e fino adesso come ho fatto senza? Tre salite tra loro diverse, sentieri più o meno fangosi, discese su pratoni e traversi che paiono non avere fine. Ristori ufficiali e alternativi (questi ultimi i più apprezzati).


In mezzo c’è stato il solito lungo viaggio del Tapabada. Sulla prima salita ho forse osato troppo. Dopo il primo passaggio al Bocchetto Sessera, quando la strada spianava ed occorreva correre, ero già in riserva. La mia personale Via crucis l’ho però incontrata nel salire nuovamente al Bocchetto per la seconda volta. Mi sembrava di andare per funghi, mentre chi mi superava stava correndo i 100 piani. In quel momento è stato difficile recuperare energie, ma soprattutto la fiducia necessaria per arrivare in cima e poi per farsi i rimanenti 16 km. Ma alla fine sono arrivato. E a dire la verità anche piuttosto soddisfatto della mia prestazione e, in generale, della giornata passata in mezzo ai boschi.


Ed è stato proprio sulla linea del traguardo che mi è tornata la lucidità necessaria per ricordare quanto letto tempo fa sul sito di colui che continua ad essere fonte di ispirazione, ovvero Rualan:

E' stata scritta da qualcuno che risponde al nickname di AKTrail: "Couldn't really care myself - I'm a happy runner/hiker/crawler - whatever it takes. Any day I cross the finish line and don't get eaten by a bear is a good day." Che in italiano suona più o meno come: "non me ne potrebbe fregare di meno - sono un felice  corridore/camminatore/strisciatore - quello che serve. Ogni giorno che passo la linea del traguardo e non sono stato mangiato da un orso è un buon giorno" (cit.)

23 ottobre 2015

17 ottobre - UTLO 30K



Ok. Mi giro un attimo e sono già passati 40giorni40 dall’ultima gara, anzi dalla GARA. Straf, straf, straf …

Ad Omegna sono di casa, ed infatti parcheggio nel luogo da dove parto per le divagazioni sul Mottarone. Non è troppo vicino alla partenza, ma serve a infondere un'immotivata fiducia pre-gara.

Sul mio personalissimo taccuino devo tornare indietro un po’ per trovare traccia di un Trail del Lago d’Orta. Eravamo giovani ed era la prima edizione (2010 e 36km di sviluppo). Si partiva da Pogno, terra di fungiatt, e il giro mi era veramente piaciuto. Fedele alla tradizione che mi vede tornare sul luogo del delitto solamente dopo qualche anno dalla prima edizione per tastare i progressi dell’organizzazione e i regressi del Tapabada mi ritrovo sul giro corto (30km) di questa UTLO insieme ad altri duecento matti (ma ci sono altri, ben più matti, a correre sulle più lunghe distanze che la gara propone), tra rovesci d’acqua e nuvole basse che ci accompagneranno fino alla fine.


Il percorso è quello che piace a me. Fatica verticale nella prima parte, con le salite al Mazzoccone e al Monte Croce, e una graduale planata verso il lago e Omegna nella seconda parte. Tanto per verificare la superiorità di quelli che corrono (tutti tranne me) rispetto a quelli che arrancano (il sottoscritto appunto). Ovviamente nel mezzo c’è tutto quello che serve a rendere questa UTLO un trail di prima categoria: roccette viscide, salite spaccagambe e falsi piani altrettanto infidi, radici nascoste dalle foglie e, addirittura, catene cui sorreggersi in qualche passaggio reso insidioso dall’umidità. Non manca nulla, soprattutto non mancano segnali e bandierine (come funghi ...) per non perdere la retta via.


Sebbene orfano della sua guida indiana il Tapabada adotta anche oggi la solita strategia di gara. Partire piano per poi arrivare ancora più piano. Ma oggi, a differenza di altre volte, mi sono gustato tutto. La pioggia cattiva alla partenza, quella gelata sul monte Croce. I panorami soltanto immaginati a causa della nebbia perenne. Pure la solita caduta senza danni permanenti. Ma soprattutto mi sono gustato il minestrone ai ristori. Oggi serviva. Grazie volontari. Grazie ragazzi. Grazie #utlo





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