24 novembre 2014

22/11 Winter Challenge 2014 - Cardana di Besozzo



Se sapevo che dopo la curva c’era il traguardo… Comunque il tempo mi soddisfa … Alla fine ce ne avevo ancora… E quindi? che sarebbe successo? avresti vinto?

Prima di gettarmi nella mischia dei giochi lasalliani, il prof. Levatino mi spronava: Parti a palla e finisci senza benzina! Il cross sta tutto qui. Senza sconti, niente tattica, superare o essere superato. Primitivo nei sentimenti, semplice nei bisogni.


E così ho fatto. Onestamente. Giù dalla discesa nel fondo del gruppo. Poi il curvone del parcheggio, inventato in mezzo al prato. Lo strappo che diventa Forcella Pordoi al  secondo giro. Scollini accanto ai due pini e giù dall’altra parte a inseguire quelli davanti. Un sueggiù spezza gambe, che il fiato era già corto dopo i primi 100 metri. La curva nel fango e poi su verso l’arrivo. Ripetere, prego, un'altra volta. Con tanti colori negli occhi, i sorpassi sempre meno frequenti, le gambe che si inchiodano ed infine il traguardo, dopo aver superato la decima donna in extremis. “Ma poverina, poteva non superarla”. Eh no signora, questo è il cross!

17 novembre 2014

17 novembre - 32esima Marcia dei podisti della Valle Olona



Un inciso ... chi dissemina la propria vita di parentesi magari non ne coglie il senso ultimo, ma si diverte da matti

Per tenere fede all’occhiello del blog oggi mi sono trascinato (sì lo ammetto) fino a Gorla Maggiore per questa tapasciata modificata nel percorso e nei chilometri, causa recenti alluvioni. A proposito, un plauso agli organizzatori: arrivando al ritrovo pensavo (speravo) di non trovare nessuno causa annullamento gara per avverse condizioni meteo. E invece ...
Da sette mesi lontano dalle IVV il Tapabada si è rituffato nel “suo” (pronunciato con affetto) mondo pieno di rinnovato entusiasmo. Un mondo come sempre capace di stupire, non solo per le nuove ricette captate sul percorso dalla viva voce delle camminatrici del Gurone, ma anche per i casi "umani più umani" incontrati nei circa 21 km (lo ammetto, ho allungato un po’ il tragitto per giustificare l’uscita dell’auto dal box) su e giù per la valle Olona. Esempio: numero impressionante di sedicenti trailers con zainetti in spalla (mi domando ancora adesso che cosa contenessero, se non sassi), nonostante l’abbondanza gastronomica reperibile nei punti ristoro, ed ancora uomini in calzamaglia (senza tema di essere smentito) per difendersi dall’umidità del periodo.
La tapasciata è servita per riprendere confidenza con un chilometraggio più elevato rispetto alle uscite del periodo, senza per questo doversi portare appresso le solite razioni K. Da riprovare in condizioni ambientali meno critiche, alla scoperta di nuovi percorsi intorno all’Olona (preferibilmente con meno tratti pianeggianti).

28 ottobre 2014

26/10 Tutti pazzi per il Casto



Chiudo gli occhi, assaporando il bicchiere di Menabrea che appoggio sul tetto dell’auto. Posso ancora sentire il rumore delle foglie spostate dai miei passi, nelle narici il profumo del sottobosco … il Casto dà alla testa (anche se assunto in piccole dosi – 21K).



Rimonto la stretta valle: tracce di archeologia industriale alle porte di Biella, assembramento urbano che opprime, palazzi a cinque piani a ridosso del monte. Capisco perché giù a Massazza l’autovelox fa paura: è un monito rivolto a chi vuole andarsene più che a quelli che arrivano.
Da queste parti ci ero venuto quattro anni fa e ho ricordi pieni di acqua e fango. Allora era tutto diverso, era tutto nuovo. Lo è anche oggi per un verso. Molta più gente, forse troppa. Molti zainetti, forse troppi, per fare 20 km in mezzo alla natura. Tanto cool è diventato il trail, una moda che mi fa scoprire nella moltitudine anche il gemello grassottello di Olson
L’offroad sta diventando out, almeno per me, a disagio in mezzo alla folla che occupa i luoghi dedicati allo spirito. Ma il Casto fa impazzire, perché se c’è un posto dove è bello correre in autunno allora è qui, se c’è una gara che rimane amatoriale, pur con la presenza di tanti campioni, allora è questa. E quindi diamoci su fin dal primo km, in mezzo ai tanti e poi a gruppi, perché il pendio verso il monte Casto fa subito selezione. I primi 6 km sono con il naso all’insù. Il ritmo è quello giusto, rompo il fiato e la salita mi pare meno dura di quella percorsa quattro anni fa. Si scollina e giù fino al primo ristoro tra sentiero e poderale corribile. Intorno nuvole basse fanno solo intravedere i colori di questo autunno. Poi il tratto a mezza costa, nel bosco, un su e giù dove le gambe vanno da sole. Come nulla arriva il 14esimo km, dove spunta il secondo ristoro. Mi sono imposto di prendere un gel ogni 50’ e di bere a sufficienza in una giornata particolarmente umida. Così faccio e riparto sul sentiero che di lì a poco tornerà a salire per la seconda e ultima asperità della giornata. Mi sento bene, le gambe girano come avessero trovato la forma dei giorni migliori, ma soprattutto mi sento in perfetta armonia con l’ambiente che mi circonda. Un incoraggiamento ai primi della lunga che mi sverniciano senza pietà. L’ultimo tratto in leggera discesa è uno di quei luoghi per cui invidi chi ci può correre tutti i giorni. Poi l’asfalto preannuncia i tornanti che buttano giù in paese. Il cellulare mi serve per documentare i titoli di coda, arrivati troppo presto, prima di una Menabrea da dimenticare sul tetto dell’auto. Tutti pazzi per il Casto. 


28 agosto 2014

24 agosto - 1^ La Veia Skyrace


Ci sono gare che fanno bene all’anima e un po’ meno al fisico. La Veia è una di queste. Una salita importante nella prima metà del percorso, poi più scorrevole. Grossi massi, single track e mulattiere. E poi la gente, il panorama, il blu del cielo e il verde dei prati … insomma è stato bello esserci.

La prima volta in Val Bognanco deve essere stato dieci anni fa. Da allora però non ho smesso di frequentarla, almeno una volta l’anno, in inverno o in estate. Allora eccomi in viaggio con il Pres verso la valle per la prima edizione della Veia Skyrace. Una giornata con il blu del cielo che spacca. La partenza è da S. Lorenzo a 1000 mt. Sulla 30km siamo in un centinaio, qualcuno di più sulla corta. Pronti via e si affronta subito la salita tosta della giornata per arrivare alla Cima Verosso, punto più alto della corsa a 2400 mt. Il mio ritmo pare decente, carburo subito. I tornanti stretti in mezzo al bosco si alternano a traversi corribili, si gode della natura che ti circonda. Il primo ristoro di giornata è l’Alpe Laghetto (quasi 2000 mt.), che una volta abbandonato il bosco s’intravede in cima a una radura dove abbondano i mirtilli e dove pascola una creatura del bosco.

Sul lungo traverso che porta al lago di Oriaccia e poi alla cresta che conduce al Verosso il Tapabada opera la mossa strategica che cambia la sua gara. Cade, sbattendo il ginocchio su un enorme sasso. Disinfettate le ferite e bendato il ginocchio, grazie al pronto intervento di un volontario, si riprende il cammino. Già si sente la tifoseria sul Verosso che applaude i passaggi sulla cima coppi di giornata, mentre il Tapabada deve ancora imboccare la Costa del Dente, un sentiero in cresta con qualche tratto attrezzato per l’occasione al fine di facilitarne il passaggio in sicurezza. E mentre il Pres fa il suo ritmo e se ne va, giustamente preoccupato del cancello orario al rifugio Gattascosa, la mia andatura si fa sempre più claudicante. Ne approfitto per scattare qualche foto verso il Leone e il Breithorn. Arrivo sul Verosso. Qualche buonanima è ancora lì a incitare gli ultimi. Poi giù per la ripida discesa verso il Rifugio Gattascosa, dove il cancello orario è lì che mi attende sornione. Ce la fò? Non ce la fò? Anche questa volta la montagna ha detto si :))

Passo davanti al paiolo con la polenta fumante in bella mostra fuori dal rifugio e riprendo a salire verso Cima Mattaroni. Sul crinale che ci separa dalla Svizzera si ammira il trittico del Sempione (Weissmies, Lagginhorn e Fletschorn), davanti a me il Pizzo Pioltone. 



Mi concentro nel ricordare il nome della montagna svizzera lì di fronte su cui sono stato anni fa. Chiedo ai volontari senza risultato. "Vabbè! Intanto ho fatto qualche centinaio di metri". Poi traguardo il Passo del Monscera e l’ultima salita di giornata è subito lì. Al giro di boa non sono particolarmente stanco, ma affronto la discesa con tutte le precauzioni del caso. Ora il vento ha lasciato il posto al caldo di metà giornata. Mi fermo a tutti i ristori. Degli altri concorrenti nemmeno l’ombra. Nessuno davanti, nessuno dietro. Il sentiero per il lago d’Agro è formato da pietroni sconnessi e quando cerco di correre, mi accorgo di zoppicare. Ma ormai sento che è fatta. 


Ringrazio ogni volontario che incontro per il lavoro che stanno facendo, scambio una battuta con chi incita il moribondo. Dopo il ristoro di S. Bernardo ecco la lunga discesa che in mezz’ora mi porta all’arrivo dopo oltre 6 ore. Traguardo mezzo deserto: sarò l’ultimo? Poco importa. Torno a casa con stupendi panorami negli occhi e qualche livido sulle ginocchia…ma si sa: #nopainnogain

Courtesy of Arturo Barbieri
 

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