15 novembre 2016

12 novembre - Cross del Poker novarese

La massima espressione di autostima del Tapabada è quella di ritenersi ancora un podista. E quale migliore occasione di dimostrarlo partecipando ad un cross, intendo ad una campestre, come le chiamava il prof di educazione fisica alle scuole medie inferiori S.Giuseppe qualche ventennio fa.

Due sono le ragioni che mi spingono da sempre ad approcciare il Cross di Vaprio d’Agogna con buona predisposizione di animo: il fatto che la corsa si svolga nei giorni dell’estate di S. Martino (con escursioni termiche annesse) e il pane con gorgonzola locale del ristoro a fine corsa. Che poi qui possa trovare la mia claque personale è di secondaria importanza, vista la performance podistica che posso offrire loro.
Nel mio personalissimo taccuino risulta che dal 2012 non calco i terreni agricoli che hanno dato i natali ai miei avi e dal 2013 non mi cimento su una gara con dislivello altimetrico inferiore ai 50 metri. Ne è testimonianza la fatica profusa fin dal primo km, dove ad essere buoni solo le “solite” signore che si incontrano alle tapasciate locali mi restano dietro. Nel secondo km cerco di capire se la velocità di crociera impostata sia sufficiente a sfilare davanti ai miei tifosi appostati più in là con la sufficiente padronanza dei muscoli facciali per abbozzare un sorriso. Al cartello del terzo km mi convinco che in fondo sono quasi a metà gara e nessuno mi ha ancora superato. Al quarto chilometro ho nel mirino il gonnellino da trail di una bionda dell’Avis Marathon di Verbania. Decido per il momento di non procedere ad ulteriori progressioni al fine di studiare la situazione. Così arrivo al quinto, il cui cartello traguardo di impeto dopo la volata sparata in faccia allo zio che applaude divertito “il nipote cinquantenne che si ostina a correre in braghette corte”. Dopo il sesto km mancano due curve al gonfiabile finale. Mi venisse un infarto se non vado a prendere quel pirla che, mentre leggevo il giornale in auto nell’attesa della partenza, mi sfrecciava davanti a fare ripetute con la bandana della crazy, manco fossimo ad una skyalp. Missione compiuta e frustrazioni quotidiane sopite in questo pomeriggio di tacco 12 e gorgonzola.




4 novembre 2016

XC time!

Arriva questo periodo dell'anno in cui i prati verdi si riempiono di fango, si coprono di foglie e una leggera bruma vi staziona a bassa quota. Ed io ai margini del campo, con l'occhio vacuo della giovenca al pascolo, sono assalito dalla voglia di rispolverare le mie chiodate, buttarmi dentro a questi prati, correre dietro al concorrente immaginario o reale che mi precede, frenare ad ogni curva secca e poi riaccelerare. Il cuore che mi scoppia nel petto, le gambe che vanno fuori giri, i tacchetti che lasciano una scia di fango e gioventù perduta.

Così stamattina il solito giro si è trasformato in qualcosa di più della solita "pisciatina". 3km3 al di sopra della mia solita velocità di crociera mi sono sembrati sufficienti per dichiarare iniziata la preparazione alle campestri. Mioddiochevoglia!

30 ottobre - Trail del Monte Casto

Sole che scalda il viso, colori che scaldano l'anima. Fatica, sudore e buona compagnia. Anything else? Trail del Casto.

Ci sono trail a cui torni ogni anno volentieri. E come per molti altri anche per me il Trail del Monte Casto è una meta fissa dell’autunno sui sentieri. Quest’anno poi ho optato per la corta: 21 km tra camminata veloce e corsa lenta in piacevole compagnia di un amico e di un clima stupendo. Non che le condizioni bucoliche esterne mi abbiano risparmiato la fatica e il sudore che il portare un pettorale necessita. Però dopo tutte le gare “ultra” di questo 2016 i chilometri di oggi mi sono sembrati davvero pochi. Tanto che mi hanno permesso di assaporare momenti di lucidità mentale cui non ero abituato correndo distanze (a me) proibitive, consentendomi così di apprezzare maggiormente pietre, fango, foglie gialle e radici in superficie. Tornare, poi, a casa ad un’ora ritenuta decente dal resto della famiglia sapendo che qualcuno non è ancora arrivato al traguardo è un’iniezione di fiducia che quest’anno mi è proprio mancata. Cercherò di non farci l’abitudine.

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