Ci sono gare che fanno bene all’anima e un po’ meno al fisico. La Veia è una di queste. Una salita importante nella prima metà del percorso, poi più scorrevole. Grossi massi, single track e mulattiere. E poi la gente, il panorama, il blu del cielo e il verde dei prati … insomma è stato bello esserci.
La prima volta in Val Bognanco deve
essere stato dieci anni fa. Da allora però non ho smesso di frequentarla,
almeno una volta l’anno, in inverno o in estate. Allora eccomi in viaggio con
il Pres verso la valle per la prima edizione della Veia Skyrace. Una giornata
con il blu del cielo che spacca. La partenza è da S. Lorenzo a 1000 mt. Sulla
30km siamo in un centinaio, qualcuno di più sulla corta. Pronti via e si
affronta subito la salita tosta della giornata per arrivare alla Cima Verosso,
punto più alto della corsa a 2400 mt. Il mio ritmo pare decente, carburo subito.
I tornanti stretti in mezzo al bosco si alternano a traversi corribili, si gode
della natura che ti circonda. Il primo ristoro di giornata è l’Alpe Laghetto
(quasi 2000 mt.), che una volta abbandonato il bosco s’intravede in cima a una
radura dove abbondano i mirtilli e dove pascola una creatura del bosco.

Passo davanti al paiolo con la polenta fumante in bella mostra fuori
dal rifugio e riprendo a salire verso Cima Mattaroni. Sul crinale che ci separa
dalla Svizzera si ammira il trittico del
Sempione (Weissmies, Lagginhorn e Fletschorn), davanti a me il
Pizzo Pioltone.
Mi concentro nel ricordare il nome della montagna svizzera lì
di fronte su cui sono stato anni fa. Chiedo ai volontari senza risultato. "Vabbè! Intanto ho fatto qualche centinaio di metri". Poi
traguardo il Passo del Monscera e l’ultima salita di giornata è subito lì. Al
giro di boa non sono particolarmente stanco, ma affronto la discesa con tutte
le precauzioni del caso. Ora il vento ha lasciato il posto al caldo di metà
giornata. Mi fermo a tutti i ristori. Degli altri concorrenti nemmeno l’ombra.
Nessuno davanti, nessuno dietro. Il sentiero per il lago d’Agro è formato da
pietroni sconnessi e quando cerco di correre, mi accorgo di zoppicare. Ma ormai
sento che è fatta.
Ringrazio ogni volontario che incontro per il lavoro che
stanno facendo, scambio una battuta con chi incita il moribondo. Dopo il
ristoro di S. Bernardo ecco la lunga discesa che in mezz’ora mi porta all’arrivo
dopo oltre 6 ore. Traguardo mezzo deserto: sarò l’ultimo? Poco importa. Torno a
casa con stupendi panorami negli occhi e qualche livido sulle ginocchia…ma si
sa: #nopainnogain
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Courtesy of Arturo Barbieri |