Non so quali fossero fino ad oggi i motivi per visitare Pogno. Di sicuro adesso si aggiunge un’altra ragione per venire da queste parti: correre il Trail del Lago d’Orta, che parte da questo Paese alle porte di Borgomanero e ad un passo dal lago d’Orta. Per questa prima edizione siamo circa in 250 spalmati tra lunga 36 km (in realtà un po’ di meno) e corta 21 (in realtà un po’ di più). Tra di noi anche il trailer più fotografato al mondo (Giovanni di Aldo, Giovanni e Giacomo) ed una campionessa della specialità (Cecilia Mora). Oggi il Tapabada si presenta con una formazione mista (due sanmarchini, Tapabada e “ultramarathonman” Alessandro, e due del Team 3 Esse, il Pres e Alessandro 2).
Sbrighiamo velocemente le formalità nel Pala Wojtyla. Abbiamo il tempo di gustarci un caffè, di partecipare alla messa (ci sono occasioni in cui una raccomandazione non fa mai male), mentre i miei compagni si fanno fotografare con il suddetto Giovanni, e di sfogliare la margherita su cosa indossare e portare durante i 36 km (riflessioni che si addicono ai neofiti del genere come noi). Nei trail la partenza è come sempre priva di ogni dispendiosa autocelebrazione tipica delle megamaratone (“su le mani, facciamoci sentire, siamo in tanti, ecc. ecc.): un via dato quasi sottovoce e si parte. Subito la salita, prima a ranghi serrati e poi in ordine sparso. Con Alessandro facciamo il nostro ritmo (ancora a passo di corsa). Dopo il sesto km arriva un tratto per tirare il fiato. Primo ristoro con le signore ad augurarci buona camminata (come facevano a saperlo? si riconosce da lontano il passo del tapascio?) e poi su a toccare il tetto della corsa a 950 metri di altezza, immersi nella nebbia e affaticati dalla pendenza che inizia a farsi sentire. Da qui è una lunga discesa fino al 15esimo km, su sentieri risparmiati dalla pioggia, ma non dal fango che crea non pochi problemi. Ne fa le spese anche il mio compare, giù e subito su come una molla, bravo Ale! Terza asperità di giornata che ci porta ai 720 del Santuario della Madonna del Sasso.
Qui la salita non è corribile, il Tapacapra mette la ridotta e risale alcune posizioni. Arrivo al Santuario, qualche foto al paesaggio e ristoro, poi ancora salita, l’ultima davvero importante della giornata: è corta, ma mi toglie le ultime forze. Ed anche la lucidità di scorgere la retta via: nel successivo paese di Boleto perdo le segnalazioni e mi ritrovo probabilmente perso, anzi sicuramente perso, insieme ad un altro trailer in mezzo ai boschi. Torniamo sui nostri passi con 5 minuti tondi tondi da recuperare. Nei saliscendi successivi ciò che guadagno in salita cedo nei tratti di discesa a chi va giù con meno timore del Tapapelledorso. Ora lo sterrato lascia il posto all’asfalto. Recupero Alessandro ed insieme arriviamo a Pella.
Qualche foto nel grigiore totale e poi via sul lungolago. Ormai siamo quasi al 30esimo km, e quando lasciamo lo specchio lacustre per riprendere a salire verso Pogno la spia è sul rosso.
Nei paesini che attraverso in compagnia di una coppia Lui&Lei con sgargiante maglietta arancione chiedo alla gente del posto quanto manca e immancabilmente: “A Pogno? saranno tre chilometri”. E che cacchio un po’ di precisione! L’ultima salita è un calvario. Siamo ad oltre 4 ore di corsa (prima volta in vita mia! sogno o son desto?). Lui&Lei mi lasciano sul posto e se ne vanno come se avessero fiutato profumo di polenta. Questa volta, però, dopo lo scollinamento il sentiero butta verso Pogno (almeno lo spero!). Percorro le strade deserte all’ora di pranzo di una domenica tardo-autunnale. Nessuno ad aspettarmi dopo 4h13’59’’, 34,5 km e un D+ di 1500 metri, ma ugualmente felice. Trail da promuovere sia come percorso che come organizzazione (apprezzata soprattutto la bozza di menabrea nel pacco gara), docce calde e ristoro finale degno del nome. Tutto senza essere inaffiati dalla pioggia. PS E Giovanni era ancora lì a farsi fotografare insieme ai suoi fans.
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