Pioggia poi sole, poi ancora pioggia a
Morgex. Vorrei smettere di parlare del meteo quando scrivo delle mie gare, ma
quest’anno va così. Giacca si, giacca no, pinocchietto si pinocchietto no. Alla
fine parto bardato da palombaro e sulla prima rampa devo improvvisarmi strip-teaseuse
in movimento per godere dei primi raggi di sole… no delle gocce d’acqua … beh
insomma deciditi Giove Pluvio! Tutto ciò mentre cerco con la mano libera di
dare più cinque possibili alle due ali di bimbi forniti di campanaccio che fanno
da corona a questo meraviglioso paesaggio.
Non che l’abbigliamento faccia molta differenza.
La salita verso l’alpe Licony è tosta e la faccio in trance agonistico, con il
risultato di essere già “spantegato” (grazie Michele, adesso che ho provato
sulla mia pelle il termine posso ammettere che rende bene l’idea) nel punto più duro dell’ascesa.
Mi fermo per riprendere fiato e soprattutto tranquillizzare quello davanti a me
che dal tanto ansimare che faccio continua a voltarsi per vedere se schiatto. Abbiamo attraversato un
canalone tutto attrezzato da salire a 4 zampe. Fortuna che passa l’elicottero per
delle riprese a bassa quota. Mi fermo ancora un po’ e gesticolo vistosamente in
direzione del velivolo per sincerare gli occupanti che tutto è a posto (no dai
scherzo). La pendenza ora diventa più consona alle mie possibilità: è una pace
per gli occhi e i polmoni. I campanacci di tre tifosi tre, che fanno casino
come fossero il migliaio di fan del Ghedina in trasferta, mi guidano verso le
ultime rampe prima dello scollinamento, che però non arriva mai. Tiro il fiato
e giù a punciòt. Il ristoro del nono km all’alpe Licony cade a fagiolo. Pieno
di libagioni che lascio sul piatto, mi consento solo una fetta di salamino. Poi
la discesa su strada forestale e lungo un traverso in mezzo al bosco che fa
volare tanto è piacevole calpestarlo. Difficile concentrarsi sulla gara dato il contesto in cui sto correndo. Il ristoro di Planaval al 15esimo arriva
da sé. Rinfrancato dalla bresaola locale riprendo slancio, superando i soliti
cadaveri (no, no, questa volta non guardate me). Qui veramente il sentiero è morbidissimo,
trapuntato da aghi di pino che mi ci fermerei a fare una pennica.
Ormai alle
viste di Morgex c’è tempo per l’ultima salita breve, ma tosta. Poi il caldo di
mediodìa spegne i pensieri e anche le forze. L’ultima corsettina è per superare
le scope della lunga, qualora valesse qualcosa. L’esaltazione di ricevere quale
omaggio per il finisher una caraffa da riempire (uno dei tanti meriti di questa
organizzazione) va a farsi benedire appena mi giunge notizia che il suddetto GM
è arrivato con largo anticipo rispetto al tenutario di questo blog.
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