20 marzo 2012

18 marzo - Maratona di roma


La nota positiva di questa trasferta romana è che sono tornato a correre: 30 km, senza avvertire dolore al ginocchio. Poi cosa resta? Uno dei peggiori tempi sulla distanza per il Tapabada, dodici km di camminata svelta a rimirar palazzi (e meno male che eravamo a Roma e non sperduti in mezzo a qualche risaia), una tattica di corsa suicida. Ma va bene così. Roma val bene questa sofferenza. Parto in fretta per finire in fretta, prima che il ginocchio si ricordi di reclamare la sua presenza. Il ritmo è per me troppo alto, sotto ai 5’/km per qualche manciata di secondi. Cerco di frenarmi, ma sembra impossibile. Così alla mezza passo in meno di 1h45’. Poi fino al 30esimo barcollo, ma non mollo. Infine mi fermo. Senza benzina, cotto, nonostante il vento primaverile offra la condizione migliore per correre. Mi pare che il ginocchio sia lì per cedere. Gli ultimi dodici km sono una passeggiata, non proprio piacevole, per le vie del centro storico. Chiudo in 3h49’31” con un senso di malessere diffuso, le forze mi hanno lasciato un’ora prima, adesso mi pare di non essere neanche tanto presente con la testa. La decima maratona del Tapabada va in archivio così. E per oggi non ho null'altro da aggiungere.

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