27 settembre 2017

23 settembre - Campo dei Fiori Trail (45K)

Prima dei trail fatti negli ultimi due anni mi è capitato spesso di pensare che non avrei potuto arrivare al giorno della competizione meno preparato. Beh, ogni volta mi sono superato.

Campo dei Fiori Trail, Gavirate, Varese. 45 km (ma c’era anche una gara da 65 e la corta da 25 km), Passare otto ore in giro per i monti lascia un velo di stanchezza nelle giunture, ma soprattutto nella mente. Solo qualche giorno e qualche esercizio di allungamento dopo permettono di mettere a fuoco la solita giornata di sofferenza che ho passato. La 45 era una release aggiornata in meglio del trail dell’anno scorso. Qualche km e metro in verticale di più, percorso in molte parti nuovo. Una gara di per sé corribile con tre salite: la scalinata della funicolare, Chiusarella/Martica e la salita per tornare al Campo dei Fiori. La partenza insieme a quelli della 25 faceva immaginare fiumi di muscoli e ghiandole sudoripare cimentarsi sulla distanza scelta dal Tapabada, ma una volta superato il bivio che separava le due gare, di trailers sui sentieri se ne sono visti pochi (intendo quelli che solitamente mi superano dopo i primi dieci km).


Grazie alla preparazione specifica, basata su una dieta di frutta secca iraniana, fin dai primi km (dove c’era da correre) ho fatto a spallate con la mia soglia anaerobica. All’imbocco della famigerata scalinata aveva già vinto lei (voglio dire la mia soglia) e da lì fino alla cima del Chiusarella ho applicato la solita filosofia zen che contraddistingue le prestazioni del Tapabada: cercare di evitare l’infarto in salita, camminare in piano, non farsi male in discesa. In cima al Chiusarella mi sono fermato cinque-minuti-cinque prima di intraprendere qualsiasi azione (dico fisica e mentale). Da lì in poi, ed eravamo appena al 20esimo km, ho provato a reagire alla crisi. Le astuzie e la pazienza non sarebbero servite a superarla. Solamente grazie alla sopravvenuta crisi del socio di giornata sono infine riuscito ad impostare una modalità crociera che mi ha permesso di arrivare al traguardo nel tempo profetizzato al barettino prima della partenza.

Ancora una volta ho cercato i miei limiti e ahimè li ho trovati, su un percorso che rispetto all’anno scorso si è rivelato più divertente e soprattutto meno banale nel suo sviluppo. Salite toste, alternate ad altre più umane, terreno di tuti i tipi, dalle roccette al sottobosco con radici, dove allenare le (poche) doti propriocettive. Ristori all’altezza (quasi sempre) e docce calde completano il pacchetto. Per i finishers, poi, la bozza di birra ricevuta oltre il traguardo mai come oggi è stata apprezzata più di una medaglia. Alla fine una giornata alla scoperta di sentieri nuovi nel mio playground domenicale. 




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