Più che altro la maratona del Devero. E pazienza se al Veglia non
ci si è arrivati. Vorrà dire che torneremo a correre questo trail il prossimo
anno. Il cielo è grigio da queste parti oggi: la Rossa ed il Cervandone stanno
in mezzo alle nuvole e si nascondono agli oltre 500 trailer che affollano la piana
del Devero. La prima volta per il Tapabada in un trail così lungo. Tante cose stipate
nello zaino che alla fine risulteranno inutili. Lo speaker rifà i conti: non
sono più 46 i km da percorrere, ma solo (!) 43. Parto lento, nelle ultime
posizioni. Mi sembra di rivivere la prima maratona, con i dubbi sulle reali
possibilità di arrivare al traguardo. All’inizio è discesa su sassi ed erba umida.
Due scivolate, alla terza metto giù mani e fondoschiena. Iniziamo bene. Devo prendere
le misure a queste nuove scarpe, più adatte a trail pianeggianti che a
scarpinate sui monti. Nei pressi di Goglio si inverte la marcia e iniziamo a
salire. Poche pause, la salita tra strada forestale e single track procede verso
l’alto. Un primo ristoro a base d’acqua e salatini è l’anticamera del pezzo più
tosto. Oltre l’alpe Bondolero la salita continua in mezzo alla nebbia. Il
valico che porta ai Passi di Buscagna e poi al Cazzola arriva dopo 1200 mt di dislivello. Dalla cima si
scende all’alpe Misanco, qui il ristoro fornisce anche sali minerali, festeggiamo. Si
torna a salire costeggiando il Lago Nero, le pendenze
sono accettabili. Ho un momento di appannamento. Al Curt du Vel, prima della discesa
nella Val Buscagna, mi fermo a mangiare qualcosa. Giù di fretta il gruppetto a cui mi aggrego
perde la traccia del sentiero. Ci troviamo ad affrontare un inaspettato fuoripista.
Un guado da brividi (di freddo) del rio Buscagna e torniamo sul percorso senza aver perduto molto tempo 8e senza utilizzare il comodo ponte un po' più in basso :)). Al Devero, finita
la discesa, troviamo in ordine di apparizione ristoro dei 25 km e solerte
capo-ristoro che ci mette in guardia dai forti temporali previsti per il pomeriggio. Sconsiglia a
tutti di continuare. "Chi si ferma è responsabile e merita tutti i nostri applausi". Qualcuno gli dà retta; applausi da parte dei volontari
presenti. Domanda: e chi continua? è un’irresponsabile? Io
lo sono e dunque continuo.
Qui il sentiero mi è famigliare. Va su tosto fino a Crampiolo.
Un altro pezzo in forte pendenza per arrivare al lago. Ho fatto quasi 30 km in 6h
circa. La fatica è nelle gambe più che nella testa. Non smetterei di ammirare
lo spettacolo intorno a me. Costeggio il lago su falsopiano, ma non riesco a spingere.
Peccato, qui correre sarebbe un piacere. Ancora uno strappo fino al lago di Pianboglio,
dove il penultimo ristoro è inaspettatamente generoso (cioccolato bianco e biscotti, oltre agli
immancabili salatini). Sull’ultima asperità della giornata che porta all’Alpe
Forno procedo praticamente da solo. Prima dell’alpe un simpatico svizzero mi
incoraggia “Dai, un ultimo slancio!” Guardo il rio che si inabissa al mio
fianco e mi chiedo: ”Verso dove?” Poi si apre il grande est del Devero. Acquitrini e
piccoli nevai fanno da cornice a questo ambiente fuori dal mondo. Dietro Punta Fizzi nuvole nere si ammassano minacciose, ma i forti temporali ("chiamati" dal solerte capo-ristoro di cui sopra) non si
vedranno neanche dopo l’arrivo. Il vento asciuga il sudore, ma non mitiga la
sete costante che mi prende la gola. Ne mancano circa 9 all’arrivo. Peccato non
essere lucido abbastanza da godere la meraviglia del percorso che mi porta
verso l’Alpe Sangiatto: un'esplosione di colori tra i rododendri, i larici e il blu del lago sotto di me. All’ultimo ristoro mi fermo ancora, sebbene manchino 3
km all’arrivo. Quattro chiacchiere e poi giù in discesa verso corte d'Ardui. La
brutta forestale lascia il posto ad un ampio sentiero su fondo morbido preludio
del traguardo. All’arrivo poca gente a salutare i sopravvissuti, ma nulla
toglie alla soddisfazione per la giornata trascorsa tra le nuvole. 41,2 km in 7ore e 50 minuti. Polenta e spezzatino spruzzati da una menabrea fanno la loro
porca figura anche alle 5 della tarde. Una pennica per riprendere le forze e
poi verso casa, anche se rimarrei volentieri quassù in attesa che la Rossa si
tolga il cappello. Oggi me lo sarei meritato.
PS
A tutta l’organizzazione un plauso, ma soprattutto ai volontari dislocati nei
punti più lontani che hanno atteso ore per fare sicurezza a tutti noi che siamo e rimarremo degli
irresponsabili.
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