Di
forza ne avevo, le gambe erano buone, ma i piedi no. Mancava solo questo per la
quadra dell’equazione di Venanzio. Ma la Cinquemulini me la sono goduta uguale, nonostante
il tendine non più d’Achille. Soprattutto perché mi è parso di stare ad una
grande festa mentre guardavo tanti ragazzi e ragazze riscaldarsi e poi correre
in mezzo ai campi umidi. Con gli occhi pieni di tanta gioventù aspettavo in
mezzo al vento la mia ora e mi producevo in facili confronti tra questa cosa
qui, a cui stavo assistendo, ed una qualsiasi maratona, dove mediamente l’età è quaranta, dove
mediamente lo pseudoatleta trova nel cimento podistico il riscatto agli affanni
della vita, dove mediamente il medesimo pseudoatleta cerca nel gesto atletico
quello che questi ragazzini hanno già dentro: il sano divertimento, che oggi è
la corsa e domani chissà che …
Affacendato in queste riflessioni il resto, capirete, è contorno. Ad
iniziare dalla batteria di 370 polli d’allevamento (MM35-40-45) messi a
razzolare in un fazzoletto di pochi metri quadri e sbattuti in avanti da uno
sparo di pistola. Così il giro di lancio il Tapabada lo passa cercando di
evitare inutili eroismi, nel secondo si produce con maggiore verve agonistica, sebbene i
drittoni inducano ad un’andatura che può far male. Al terzo, infatti, il Tapabada già pensa
con preoccupazione all'ultima rampa appena più in là della campana dell'ultimo giro. Il quarto, infine, lo
tiene in pugno per il rotto della cuffia, guadagnando posizioni (di rincalzo of
course), più per demeriti degli altri che per le proprie doti di finisseur. Il
tutto su terreno morbido, ma non troppo (altro che impasto!), passando in mezzo
alla storia, che qui vuol dire mulini, soddisfatto (sempre mediamente) del tempo
registrato, del windy and chilly day, insomma della festa tutto compreso.
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